Associazione Culturale "PRO BIRGI"

Associazione Culturale "PRO BIRGI" per la Valorizzazione e lo Sviluppo di BIRGI e della Sua Riserva Naturale * ___________________________________ BIRGI e lo STAGNONE ! : .....unni l'aceddi ci vannu a cantari e unni li pisci ci fannu l'Amuri ! ________________________________ Questo blog non rappresenta una testata giornalistica in quanto viene aggiornato senza alcuna periodicità . Non può pertanto considerarsi un prodotto editoriale ai sensi della legge n. 62 del 7.03.2001

venerdì 20 aprile 2012

dal Quotidiano "Marsala c'è" - articolo di Venerdì 20-4-2012

L’aceddu rù baruni friscava! e... c’era poco di babbiari! PDF Stampa E-mail
Giovedì 19 Aprile 2012 15:48
Chiunque si sia occupato di una certa cultura Siciliana, fatta di tradizioni e “cunti”, si è accorto della generale tendenza.- dei cuntastorie- al racconto divertente e curioso , di storie, di personaggi irripetibili, figure eccentriche e dissennate, particolarmente numerose nell'aristocrazia siciliana……quasi ci fosse un dovere di stravaganza… per titolo e per censo. Vicende, a volte, esilaranti, ma anche complicate, riferite in innumerevoli e contraddittorie versioni, continuamente arricchite da...
altre testimonianze (attraverso il “passaparola”) e molti “cultori”, che hanno conosciuto la Sicilia come pochi altri, hanno avuto il piacere di scriverne, e di estrarle dalle leggende metropolitane o paesane. (Orazio Strano, Ciccio Busacca, Cicciu Rinzinu ,V. Linares, G.Augello etc.) e ci affascinano con i loro cunti ; ….. da uno di questi, cunti, ho voluto estrarre e proporre, oggi, la descrizione di un…”personaggio”…sintiti : Il 22 ottobre 1966, nel grigio pomeriggio di un sabato autunnale, veniva inaugurata nel cimitero con un gran brindisi di vino rosso e paste di “mendole”, una fastosa tomba gentilizia. Il "morto", però, era ancora vivo: il barone Duccio Littara di Sanfratello, cui l'aristocratico sepolcro apparteneva, stava con volto ridente e pago, davanti la propria tomba, dicevamo, a contemplare –leggendo e rileggendo- quanto ,Lui stesso, aveva fatto incidere nella stele sopra la “ balata”: "Qui giace Don Merendino Littara, Barone di Sanfratello, nato il 14 settembre 1903 - morto il ……..". Era impensabile, in quel momento, che “sorella morte” lo avrebbe “invitato…. a corte” il 19 Dicembre 1981. Questa sua filosofia, egli stesso la ebbe a dichiarare a un giornalista incredulo e dubbioso : “Carissimo Amico vossia, chi nnì capisci, deve sapere che la vera nascita è la morte, lo vuole capire…si o no ? ”. Aveva ragione, quindi, di pensare alla vita, brindando alla morte …..tanto che volle assicurarsi per l’eternità non una, ma due tombe ….come –secondo lui- si conveniva al suo “rango” : una all’interno della Matrice come a garantirsi una residenza di città per il periodo invernale, l’altra al cimitero….in campagna per la villeggiatura….. c’era “cchiù friscu” ! Nel pagare anticipatamente le onoranze funebri , pretese che nella “cascia” si mettessero 36 sacchetti di terra , uno per ogni suo feudo…...e delle sue esequie si curassero nove becchini specializzati, in alta uniforme mentre il loro capo avrebbe dovuto indossare la livrea baronale –di casa sua- guidando la lussuosa carrozza trainata da 8 cavalli bianchi. Il cerimoniale curato dalla Duchessa del Fondo Antico, doveva prevedere un elenco ben selezionato di 300 invitati sorridenti, ben assistiti da 40 inservienti con vassoi di paste di “mendola”, bignè di ricotta e gelati di scorsonera e cannella…il tutto continuamente “innaffiato” da un Marsala vergine,proveniente dalla rinomata Ditta F.lli Mineo di Marsala. Al seguito la banda di Mezzojuso impegnata nell’esecuzione di marce ! Poi, raccomandò al Cav. Serafino Conforto (titolare della Ditta di Onoranze Funebri) che il suo funerale doveva essere …. una festa ! Un po’, diversa, però, si rivelò , in seguito, la realtà. In una giornata rigida di fine dicembre è morto il Barone Littara di Sanfratello …..ma è' stata una cerimonia come tante altre !…….hanno accompagnato il feretro poche decine di persone…. con 7 corone di fiori . La “cascia” di legno d’abete era adagiata su uno sgangherato treruote Piaggio a motore (assordante !), che un autista dormiente, alle 2 del pomeriggio, faceva procedere lentamente, con passo “funereo”. “Tutti “ gli accompagnatori ricordavano “increduli e smarriti” (per quanto avveniva) la solenntà dei funerali del Gatto che, il Barone, si era premurato a far nominare- dal Duca di Santa Flavia-, unitamente al suo uccello “un merlo” : “Referendari ! “ - Gatto e merlo erano “nobili” compagni inseparabili del Barone. In pratica …. da quando era morto il Parroco della Chiesa delle Anime dei Corpi decollati-( Padre Finuzzo Finocchio )-, il gatto, rimasto senza padrone, si era sistemato a casa del barone, il quale lo aveva fatto , dichiarare -come dicevamo- "Referendario" del regno r’ù Capu come il “Merlo” della nobil-casa. Chi frequentava i Circoli nobiliari o le sfarzose località mondane ( Montecarlo, Roma, Venezia, Sanremo, Taormina etc). …..ricorderà senz’altro la presenza del Barone Duccio Littara di Sanfratello insieme ai suoi due “Referendari”: il Gatto in una gabbia di vimini ed il Merlo-in una gabbia a palla, di ferro lavorato e lui, il Barone, nel bel mezzo, con folta barba, in abito “spavillante”, con cravatta sgargiante a fiocco e immancabile fiore all'occhiello. Pare che la servitù del Grand’hotel San Domenico ricordasse il fischio del merlo, quando il barone riceveva le belle donne ( stelle e stelline del cinema o dell’avanspettacolo… ) poiché era lui, il “nobile” uccello ad occupare un posto d'onore, di fronte…l’alcova….esprimendo con “il suo fischio” il parere sulla bellezza delle ospiti (fischio argentino prolungato quando erano belle , fischio debole e lento quando erano…”insignificanti”)…..in pratica anche lui, come il suo signore, era sensibilissimo al fascino femminile e, mondanità e bellezza lo….elettrizzavano o lo rattristavano a seconda della….. scelta del Barone…..questa, dunque, la descrizione –generale- del personaggio. Ho voluto riproporre questa descrizione di un rappresentante di quel mondo, ormai in via di estinzione, fatto su misura per un’aristocrazia spagnolesca e sciupona, legata all’illusorio……che ancora oggi, specie nei piccoli centri, alcuni vorrebbero…. “imitare”, simulando di essere….titolati (?) e….” à la page! “. Il barone, come descritto, si serviva delle sue stranezze, del suo abbigliamento estroso, per vivere nascondendo dietro il travestimento esteriore, le insicurezze di una vita fondata sull’effimero e sul sogno, in una profonda solitudine, vuota di affetti, di scopi , di certezze e ricca di…..”fumu” ! . (ogni riferimento a persone fatti e cose è puramente di fantasia)

venerdì 13 aprile 2012

marsala c'è .......il quotidiano di Marsala .......Rubrica : "M'assettu fora a lu lustru di la luna...."


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Giovedì 12 Aprile 2012 16:23
“Noi fummo i Gattopardi e Leoni; chi ci sostituirà saranno gli sciacalletti, le iene; e tutti quanti, gattopardi, sciacalli e pecore, continueranno a crederci il sale della terra”. (quaderni di L.Sciascia-1991). Credo che questi appunti-quadernii di Sciascia siano più attuali che mai…. in questo mondo privo di valori, che rotola irrefrenabilmente nella crisi più profonda, dove ormai ci si vergogna di …troppe cose….è bello, di tanto in tanto, rifugiarsi in cunti o storie semplici, che appartengono alla nostra Sicilia, per quel bello che è ….. rimasto : la cultura. Quanti detti, quanti personaggi sono legati a fatti, episodi , avvenimenti che hanno lasciato un segno indelebile in una “memoria autonoma” giunta, spontaneamente, fino a noi . Il personaggio di...
oggi, legato ad un detto – “Mamma li Turchi ! “, venuto fuori da avvenimenti di una Sicilia “aristocratica” del 1700, è il Barone Miccichè . Lo conosciamo , brevemente, prima di narrare…..”u fattu” :…. Figlio del Barone Placido , Michele Miccichè Barone di Villalba , come tutti i cadetti delle grandi famiglie siciliane visse una giovinezza irrequieta. La sua vita era costellata da avventure galanti , tra Amori,duelli e giuoco e, con fare eclettico, si dedicò anche a narrare i propri ricordi (con l’intento di far soldi…) addirittura in francese e pubblicato in Francia : “Pensèes ed Souvenirs historiques…”. Protagoniste di quel momento della vita “siciliana” (ma prevalentemente palermitana…) erano la Regina Carolina, Lady Hamilton, Lucia Migliaccio Duchessa di Floridia e Lady Bentinck delle quali si diceva molto innamorato , e la cui protezione gli valeva molto a scansare guai. Ma gli occhi della Duchessa di Floridia, di cui il Barone Miccichè rimaneva “estasiato”, erano talmente belli che avevano perfino ispirato il famoso Abate Meli nel comporre un’ode : “L’Occhi” ( …..Ucchiuzzi niuri ! si taliati….faciti cadiri casi e citati…etc.”). I ricevimenti a Palazzo Comitini erano dunque frequenti ed erano il luogo d’incontro dell’alta aristocrazia siciliana . A tutto ciò, come dicevo prima, venne legato un fatto che diede origine ad un detto che ancora oggi è…molto in voga , sintiti…sintiti : ………Nell’estate di fine 1700’ approda nel porto di Palermo, la flotta turca, fiore all’occhiello del potente impero Ottomano, che dominava il Mediterraneo dal Bosforo alle colonne d’Ercole. Durante la sosta nel porto di Palermo, le navi turche furono oggetto di visite di molte famiglie nobili palermitane. La più visitata era la nave ammiraglia, dove gli aristocratici visitatori, furono ricevuti con molta cortesia e disponibilità dall’Ammiraglio ottomano, che li ospitava offrendo loro dolci e rinfreschi. Uno di questi nobili visitatori, il Barone Miccichè, colpito dalla grande signorilità dell’Ammiraglio, volle ricambiare la cortesia, invitandolo a Palazzo Comitini, ossia il suo palazzo di città, sito in via Maqueda. L’Ammiraglio turco con gli alti ufficiali, giunsero al palazzo Comitini all’ora di pranzo. Dopo i convenevoli di rito e le presentazioni di tutta la famiglia, degli ospiti e degli invitati, passarono, tutti, nel grande salone per il banchetto. Mentre i commensali, mangiavano e bevevano di gusto, nel salone arrivò l’eco di grida di aiuto, provenienti, dagli appartamenti interni del palazzo. Dopo pochi secondi di sbigottimento, quasi tutti i commensali si levarono dalla tavola, per accorrere verso la camera, da dove provenivano le grida. Giunti, nella stanza, che era adibita alla servitù, sorpresero un marinaio turco, al seguito dell’Ammiraglio, che cercava di usare violenza a una giovane serva di casa del Barone Miccichè, la quale, non godendo di ottima salute, quel giorno era stata lasciata a riposo. La scena agli occhi dei soccorritori, apparve, con connotati tragico-comici, con la povera serva che si dimenava e urlava e il marinaio turco assalito da un moto di libidine, che non voleva mollare la preda. Ci vollero, quattro robusti servi per far desistere l’energumeno dal suo proposito. Condotto nel cortile del palazzo fu punito dai marinai turchi, di scorta all’Ammiraglio, con dieci vergate, sulla pianta dei piedi, come di usanza mussulmana. Mortificato per l’accaduto l’Ammiraglio turco presentò le proprie scuse e si congedò insieme al suo seguito. L’incidente sembrava chiuso senza che avesse lasciato spazio a ulteriori strascichi. Ma il giorno dopo, a Palermo, successe il finimondo. Nel primo pomeriggio alcuni marinai turchi, in libera uscita, fecero irruzione con armi in pugno nella bottega di un calzolaio, sita nella strada di Mezzomonreale (la Rocca…); e mentre un paio di loro tenevano a bada i garzoni, con la minaccia delle armi, gli altri afferrarono la moglie del padrone della bottega cercando di violentarla. I garzoni per nulla intimoriti, reagirono gettandosi sopra i marinai turchi, menando colpi di trincetto e di martello. Sorpresi, da tanta furibonda reazione, i marinai turchi, sanguinanti e malconci, cercavano salvezza nella fuga. La notizia dell’aggressione si diffuse rapidamente in tutto il quartiere dopo pochi minuti. Il popolo palermitano si rivoltò contro i turchi, sicché dove si trovavano marinai turchi, questi venivano assaliti senza capire il motivo. In pochi minuti la città fu in allarme, era incominciata la caccia ai turchi. Dalle finestre e dai balconi delle case, cominciarono a piovere, sulle teste dei malcapitati marinai ottomani ogni genere di “suppellettili”, vasi di fiori, sassi e anche qualche sedia. Mentre per le strade e nei vicoli, colpi di armi da fuoco abbattevano decine e decine di turchi. Ormai era una vera caccia al “turco”. Per gli angoli delle strade, si sentivano le voci dei ragazzi, che alla vista dei marinai stranieri gridavano “MAMMA LI TURCHI” come per dire ammazziamoli. Il massacro si prolungò fino a sera. Finché anche l’ultimo dei trecento marinai turchi scesi quel giorno a terra non fu ucciso o messo in fuga buttandosi in mare per mettersi in salvo. ( da V. Linares del 1840 -“Il Cantastorie” ….. tra i “ Racconti popolari di Palermo” )-


St’ucchiuzzi niuri
(Nun ti lassu) dalla raccolta “Siciliana”
di Salvatore Riela - CT -
Nun ti lassu bidduzza nun ti lassu,
mentri a stu munnu mi sentu filici,
ora bidduzza dimmillu chi dici,
siddu è ca m'ami ,
siddu è ca m’ami si o no,
st’ucchiuzzi niuri, sta vucca ridenti,
mi duni un signu
ca m'ami e m'aduri,
m'incatinasti bidduzza stu cori,
pi scatinallu ci voi sulamenti tu.

martedì 10 aprile 2012

un Articolo sul Quotidiano " Marsala c'è" - Rubrica settimanale "M'assettu fora a lu lustru di la luna "-

“Bona Pasqua”!
...e, si ccè ogghiu, vinu e farina, a casa è china !
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Venerdì 06 Aprile 2012
Il cibo da sempre ha come prerogativa l’essere considerato “ Dono di Dio” e dunque “Santificazione del lavoro umano”. Viene ricercato e invocato attraverso l’aiuto della preghiera e, da sempre, si è offerto a Santi o Divinità. Cibo e religione, appaiono dunque come espressione delle diverse culture sempre uniti, partendo da un concetto popolare …l’alimentazione. In questa settimana di Pasqua ho voluto mettere in evidenza questa “sacralità” della tradizione religiosa che,...
attraverso il “pane, l’olio ed il “vino”, ne ha fatto i simboli della fede di ognuno . Questo cibo dunque, che,oggi, viene collegato alla morte e resurrezione di Gesù, ci conduce alla festa . Avviene infatti che, una volta seduti a tavola nei giorni di festa (ma anche quotidianamente), dopo aver ringraziato il buon Dio , si dà inizio alla festa attraverso la varietà di pietanze e di cibi preparati. Cibi e dolci per rifarsi il palato ed a volte (….. come ai tristi tempi che purtroppo,oggi, viviamo ! ) per addolcire la vita amara con dolci prelibatezze della tradizione…….Da qui la sua storia che ha esaltato la caratterizzazione di un territorio o meglio l’affermazione dell’identità di un popolo e della sua…cultura. Il vino, l’olio,e la farina hanno costituito, infatti, quel simbolo biblico della “triade siciliana” ….come “passaggio”, dal divino all’uomo : Il vino per allietare il cuore dell’uomo, l’olio per illuminare il suo volto, il pane per sostenere il suo vigore, la sua forza ! Passaggio dunque… ed è proprio questo il significato della parola Pasqua … di derivazione ebraica: Pèsach (passaggio). Se la Quaresima è stata un periodo di sacrifici alimentari, è normale che la maggior parte dei piatti tipicamente pasquali sia rappresentata da dolci, anche se ormai sono ,oggi, assai diffusi, i dolci di fattura industriale come la colomba, provenienti dal Nord Come per le celebrazioni più spettacolari, anche per i dolci che festeggiano la Pasqua sulla tavola, la nostra Regione, vanta una maggiore ricchezza. Dicevano i “ Monsù “ che uno dei modi più piacevoli per conoscere la Sicilia è quello di gustare le specialità della sua cucina. Se ciò può anche essere valido in generale, lo è a maggior ragione quando ci si addentra nelle Provincie Siciliane : e lì che si nota la terra dai contrasti , dai colori forti, dove anche tra i cibi di strada , ci presenta un ricettario fra i più ricchi , frutto di una storia intensa e di un passato che affonda le sue radici in epoche remote. Uno dei simboli Pasquali è dunque l’uovo, un simbolo della nascita o della rinascita …. non per caso anticamente la ricorrenza di Pasqua veniva chiamata “Pasqua d’uovo”, e veniva festeggiata con uova sode colorate e benedette in Chiesa. In questi giorni, questa, è una delle usanze più comuni e , cambia soltanto il nome, di provincia in provincia….. così, nel trapanese lo chiamano “campanaru”, nel catanese “cuddura cù l’ova”, nel palermitano “u pupu cu ll’uovu” e in altri luoghi “panareddu” o “palummedda”-(Santi Correnti)-. A questo punto credo sia giunto il momento di organizzare il pranzo di Pasqua, momento che porta in sé usanze e sapori, che hanno fatto la storia e che caratterizzano da sempre questa importante festa della tradizione cristiana. La tradizione religiosa vuole,infatti, che l’agnello domini la tavola in questo giorno, poiché esso ricorda il sacrificio di Cristo e ne rappresenta il passaggio dalla vita alla morte e dalla morte alla resurrezione nel Regno di Dio…..pare che in funzione di tutto ciò nelle famiglie contadine di una volta il menù di Pasqua era il seguente : *Antipasti costituiti da una grande quantità di “uova dure” (oggi :sode ! ) – Stigghiole di agnello bollite o “lardiate”- Scacciate farcite di interiora d’agnello alle cipolle – un Bicchiere di Muscateddu di Casa- *Primo: Pasta di casa (tagghiarini o pappardelle) al ragù d’agnello con abbondante pecorino “grattato”- *Secondo: Agneddu aggrassatu ch’ì patati – Nsalata vastasa pi sgrasciari ( lattuga,patate bollite, uova dure,olive bianche, cipolla scalogna, arancio “partuallu” minuzzatu, sarda salata minuzzata, chiappara, una punta di origano, olio e aceto ri ‘ncasa )– pane di casa…”friscu”- * frutta …manderini , arance brasiliane e fragole- il tutto innaffiato (abbondantemente ! ) da un vino nerello o d’avola- *Dolci : Cassata , Pupi cu ll’uova, Agnidduzzi di Pasta reale Quaresimali, Cannuola etc….e per chiudere una botta di “scacciu” e …..Marsala alla “mendola” ! Vogghiu raccumannari ai picciotti ziti : Il fidanzato stia attento a regalare un grosso Agneddu di pasta reale alla fidanzata …..ricordo che anticamente molti “spallimienti” furono determinati dall’agnello…in pratica u zitu purtava l’Agneddu “aggritta”, mentre il suocero avrebbe preferito quello “curcatu” in modo che non si vedessero gli….attributi ! ...“ma insomma ! a mè figghia ! “….era, diceva Lui, una….”vastasaria” ! Che tempi ! …..amunì , ...Buona Pasqua ai miei Cari lettori di “Marsala c’è”!



Primavera campagnola
Raccolta F.sco Pennino - Romagnolo - PA
Canto Pasquale Popolare - Epoca 1800

Primavera ti fici la natura
Bedda gentili priziusa e rara
Ogni elementu prestu s’ammatura
Ed ogni ciuri nnì cunia a migghiara.
Ch’è beddru quannu agghiorna
e quannu scura
Pì luna e stiddi è la cosa cchiù cara
Travagghi u duppiu e poi
nun c’è primura
Primavera priziusa e rara.

Primavera campagnola
Primavera nnammurata
Ogni cori si cunzola
Sulu tu si disiata
Ma ch’è dduci sta parola
Primavera campagnola
L’usignola canta n’gola
Primavera campagnola

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mercoledì 4 aprile 2012

BUONA PASQUA a TUTTI !........2012 !

                                               

Pasqua è il simbolo del Rinnovamento, della Gioia e della Rinascita
in questo giorno per tutti un po’ speciale, ti auguro di trasformare 

i tuoi sogni in una splendida realtà, per sorridere ai giorni a venire con quella gioia nel cuore che solo le cose autentiche e genuine sanno
donarti !

                            Buona Pasqua di serenità e gioia !
                                  dall'Associazione Culturale "PRO BIRGI"    


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lunedì 2 aprile 2012

New Entry.........Marisa Ingoglia.....una dolce fanciulla del Baglio Abele !

da oggi  Marisa Ingoglia....... in Pro Birgi !                                                                                                 02 Aprile 2012