Associazione Culturale "PRO BIRGI"

Associazione Culturale "PRO BIRGI" per la Valorizzazione e lo Sviluppo di BIRGI e della Sua Riserva Naturale * ___________________________________ BIRGI e lo STAGNONE ! : .....unni l'aceddi ci vannu a cantari e unni li pisci ci fannu l'Amuri ! ________________________________ Questo blog non rappresenta una testata giornalistica in quanto viene aggiornato senza alcuna periodicità . Non può pertanto considerarsi un prodotto editoriale ai sensi della legge n. 62 del 7.03.2001

venerdì 21 settembre 2012

      Quotidiano  Marsala c'è .........

                    ................a lu lustru di la luna !





U Pani... d’oru? (Cunti di San Pantaleo - tradizione orale)

Venerdì 21 Settembre 2012 

San Pantaleo in tutte le stagioni presentava (e…presenta ! ) scenari naturali meravigliosi e le poche famiglie, tutte, più o meno, imparentate tra loro, conducevano una vita serena tra il faticoso lavoro agreste , pastorale e le quotidiane occupazioni del baglio , della casa , della famiglia. Tutte attività “bucoliche” che assicuravano una lieta e tranquilla unione familiare. I bambini, a fine giornata, aspettavano l’arrivo di Patri Ninu per trascorrere la loro serata tra ….”jocura , cunti e canzuneddi” che, il più delle volte, costituivano anche, il passatempo dei grandi ….. davanti, magari, ad un buon bicchiere “di vinu…. chiddu vecchiu nisciutu ca ‘mmiragghia’ nnà cannata ciuriata”. Uno dei cunti più richiesti (o forse meglio interpretato da u Patri Ninu)...........era “ U Pani d’oru “…. che narrava di un Pastore –Don Giuvanninu Cicirillu - al centro di una…leggenda fantastica…..- U Patri Ninu , “assittatu supra i peri” (come si fa tutt’ora in campagna….) cominciava , così, il suo “Cunto” : Dunqui….Dunqui….U Pasturi Don Cicirillo !! (…sintiti senza fari battaria ! ) :……era un inverno particolarmente freddo ed un giorno, arrivato all'ovile, l'uomo notò tre cornacchie che, immobili come statuine, osservavano lo svolgersi del suo lavoro. Giorno dopo giorno, le cornacchie tenevano compagnia a Don Cicirillu….. "Avranno pitittu !" - pensò. Recuperò dall'ovile tre vecchi piatti, nei quali mise qualche pezzo di formaggio. Gli uccelli vi si buttarono letteralmente sopra, mangiando avidamente. Cuntentu, Don Cicirillu, “cci retti a manciari” regolarmente ogni giorno e le cornacchie continuarono a frequentare “a sò mannara”, mese dopo mese, sino all'arrivo dell'estate. Purtroppo per Don Cicirillu -ntà dd’annata- il raccolto fu scarso a causa della siccità. In paese tutti si lamentavano della mancanza d'acqua e in tanti si decisero a spostarsi verso i paesi più fortunati in cerca di cibo per il sostentamento delle proprie famiglie.Così anche Don Cicirillu, decise di andare in cerca di grano verso Salemi. I suoi pensieri erano cupi quando giunse in prossimità del Ponte di Pusillesi. Avanzava lentamente sul suo asinello quando sollevando lo sguardo notò tre belle ragazze, vestite di nero, presso la riva del fiumiciattolo sottostante. Una delle tre, avanzando verso di lui esclamò - ” Zzù Giuvanni comu stati ? Assai tempu ca un si videmu !”. Il pastore, un pò sorpreso chiese: ”E Tu cu sì ? E comu sai u me nnomu ? ”. - “Siamo le tre cornacchie che tu sfamasti durante l’inverno” - risposero le fanciulle - ”e sappiamo che ora sei diretto a Salemi per acquistare del grano”. U zzù Giuvanni rimase di stucco e le fanciulle gli consigliarono da quale famiglia recarsi per acquistare il grano ad un prezzo buono.. “ …Vai, noi ti aspettiamo qui” - aggiunsero - “perché al ritorno dobbiamo darti qualcosa da consegnare a San Pantaleo”. Una volta giunto al paese di Salemi, U Zzù Giuvanni trovò la casa indicata e venne accolto con gentilezza ed invitato a passare la notte. L'indomani riprese la via del ritorno e giunto al Ponte vide nuovamente le tre donne che gi dissero - “Dovete portare questo pane a Donna Vituzza a San Pantaleo; Lei vi darà un dono, se porterete questo pane, integro così come lo vedete ora !". L’uomo prese il pane , lo mise nella bisaccia, giurando che non l'avrebbe toccato. Rientrando a San Pantaleo, ripensava ai Cunti raccontatigli -da piccolo- dal padre e ancora non riusciva a credere che invece, proprio lui, era diventato protagonista di una delle storie che da bambino gli piaceva tanto ascoltare. Dopo aver trasbordato tutto sulla barca , partì dal molo del Baglio Abele e dopo aver oltrepassato il muro delle saline, scansando le prime “trisce”, approdò sulla sua Isoletta - San Pantaleo-. Arrivò a casa a notte inoltrata, con la schiena a pezzi a causa del viaggio. Iniziò a scaricare il grano. La moglie Rosa, che era ad attenderlo preoccupata, uscì sul “chianu” per aiutarlo a entrare i sacchi nel magazzinetto e nel prendere la “vertula”, vi trovò dentro il grosso pane, bellissimo e interamente decorato. ” Giuvanninu…. di cu è questo pani?” - chiese meravigliata “Lascialo stare, non toccarlo !” - rispose il marito - “è una consegna che devo fare a Zzà Vituzza !". La donna continuò a fissare il pane, irresistibilmente attratta e con l’acquolina in bocca. Per la “curiosità femminile”….. non riuscì a resistere e, senza che il marito se ne accorgesse, ne diede un morso, riponendolo subito nella “vertula”. Il mattino giunse radioso e di buon’ora Don Cicirillu si avviò verso “u chianu rù cievusu”, in cui si trovava la casa di Donna Vituzza. Questa era già sulla…..“sogliola” di casa che lo aspettava. Lo fece entrare e Don Giuvanninu Cirillu vide, con grande stupore, un enorme telaio d'oro al centro della stanza. Incantato il pastore prese il pane dalla “vertula” e lo porse alla donna che lo esaminò per bene, accorgendosi subito del morso - "Questo pane non è integro !!!! " disse. L'espressione del suo volto cambiò repentinamente, spaventando a morte il povero Don Cicirillu che, indietreggiando, uscì dalla casa. ”Tutto quello che hai visto sarebbe stato tuo, se avessi tenuto fede alla parola data ! Ora invece tutto si ridurrà in cenere” - disse Donna Vituzza chiudendo fragorosamente la porta in faccia al povero Don Giuvanninu che, desolato si avviò con la testa tra le mani…. verso casa propria…… Continuò a vivere la sua vita di stenti senza più rivedere le tre cornacchie ! E Patri Ninu dopo aver bevuto l’ultimo sorso di vinu….aggiungeva : “quannu vi dicinu r’un tuccari nenti……unn’aviti a tuccari nenti ! Semu ntisi ? “.
   “Lu cuntu è lestu lu cuntu è finutu ora datimi a biviri ca, propriu iu, unn’ aiu vivutu !”
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il canto......
Amuri d’oru
Epoca 800’ – Origine Palermo- C.so dei Mille
Raccolta franco e filippa gambino a Cstd’accia
da Donna Pina Bonomo che la cantava.-     (la+)
Aju li mei né perdu né vinciu
L’avutri fannu arruri e jeu li chianciu
Ninuzzu d’oru Ninuzzu d’argentu
Iu ti vulissi sempri a lu me cantu
Iu t’aju a ffari un vistitu d’argentu
Tuttu di fila d’oru arraccamatu
Quannu passi di ccà si ssì onestu
Un fa capì alla genti ca nui cci amamu
Tu cali l’occhi iu calu la testa
E chistu è signu ca nnì salutamu
Li genti sunnu misi a li raso
Ca vonnu ca nuatri dui nnì nni fuemu
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I sogni son desideri ...vero Giulia?
















U Pani... d’oru? (Cunti di San Pantaleo - tradizione orale)

Giovedì 20 Settembre 2012 15:56

San Pantaleo in tutte le stagioni presentava (e…presenta ! ) scenari naturali meravigliosi e le poche famiglie, tutte, più o meno, imparentate tra loro, conducevano una vita serena tra il faticoso lavoro agreste , pastorale e le quotidiane occupazioni del baglio , della casa , della famiglia. Tutte attività “bucoliche” che assicuravano una lieta e tranquilla unione familiare. I bambini, a fine giornata, aspettavano l’arrivo di Patri Ninu per trascorrere la loro serata tra ….”jocura , cunti e canzuneddi” che, il più delle volte, costituivano anche, il passatempo dei grandi ….. davanti, magari, ad un buon bicchiere “di vinu…. chiddu vecchiu nisciutu ca ‘mmiragghia’ nnà cannata ciuriata”. Uno dei cunti più richiesti (o forse meglio interpretato da u Patri Ninu)...



era “ U Pani d’oru “…. che narrava di un Pastore –Don Giuvanninu Cicirillu - al centro di una…leggenda fantastica…..- U Patri Ninu , “assittatu supra i peri” (come si fa tutt’ora in campagna….) cominciava , così, il suo “Cunto” : Dunqui….Dunqui….U Pasturi Don Cicirillo !! (…sintiti senza fari battaria ! ) :……era un inverno particolarmente freddo ed un giorno, arrivato all'ovile, l'uomo notò tre cornacchie che, immobili come statuine, osservavano lo svolgersi del suo lavoro. Giorno dopo giorno, le cornacchie tenevano compagnia a Don Cicirillu….. "Avranno pitittu !" - pensò. Recuperò dall'ovile tre vecchi piatti, nei quali mise qualche pezzo di formaggio. Gli uccelli vi si buttarono letteralmente sopra, mangiando avidamente. Cuntentu, Don Cicirillu, “cci retti a manciari” regolarmente ogni giorno e le cornacchie continuarono a frequentare “a sò mannara”, mese dopo mese, sino all'arrivo dell'estate. Purtroppo per Don Cicirillu -ntà dd’annata- il raccolto fu scarso a causa della siccità. In paese tutti si lamentavano della mancanza d'acqua e in tanti si decisero a spostarsi verso i paesi più fortunati in cerca di cibo per il sostentamento delle proprie famiglie.Così anche Don Cicirillu, decise di andare in cerca di grano verso Salemi. I suoi pensieri erano cupi quando giunse in prossimità del Ponte di Pusillesi. Avanzava lentamente sul suo asinello quando sollevando lo sguardo notò tre belle ragazze, vestite di nero, presso la riva del fiumiciattolo sottostante. Una delle tre, avanzando verso di lui esclamò - ” Zzù Giuvanni comu stati ? Assai tempu ca un si videmu !”. Il pastore, un pò sorpreso chiese: ”E Tu cu sì ? E comu sai u me nnomu ? ”. - “Siamo le tre cornacchie che tu sfamasti durante l’inverno” - risposero le fanciulle - ”e sappiamo che ora sei diretto a Salemi per acquistare del grano”. U zzù Giuvanni rimase di stucco e le fanciulle gli consigliarono da quale famiglia recarsi per acquistare il grano ad un prezzo buono.. “ …Vai, noi ti aspettiamo qui” - aggiunsero - “perché al ritorno dobbiamo darti qualcosa da consegnare a San Pantaleo”. Una volta giunto al paese di Salemi, U Zzù Giuvanni trovò la casa indicata e venne accolto con gentilezza ed invitato a passare la notte. L'indomani riprese la via del ritorno e giunto al Ponte vide nuovamente le tre donne che gi dissero - “Dovete portare questo pane a Donna Vituzza a San Pantaleo; Lei vi darà un dono, se porterete questo pane, integro così come lo vedete ora !". L’uomo prese il pane , lo mise nella bisaccia, giurando che non l'avrebbe toccato. Rientrando a San Pantaleo, ripensava ai Cunti raccontatigli -da piccolo- dal padre e ancora non riusciva a credere che invece, proprio lui, era diventato protagonista di una delle storie che da bambino gli piaceva tanto ascoltare. Dopo aver trasbordato tutto sulla barca , partì dal molo del Baglio Abele e dopo aver oltrepassato il muro delle saline, scansando le prime “trisce”, approdò sulla sua Isoletta - San Pantaleo-. Arrivò a casa a notte inoltrata, con la schiena a pezzi a causa del viaggio. Iniziò a scaricare il grano. La moglie Rosa, che era ad attenderlo preoccupata, uscì sul “chianu” per aiutarlo a entrare i sacchi nel magazzinetto e nel prendere la “vertula”, vi trovò dentro il grosso pane, bellissimo e interamente decorato. ” Giuvanninu…. di cu è questo pani?” - chiese meravigliata “Lascialo stare, non toccarlo !” - rispose il marito - “è una consegna che devo fare a Zzà Vituzza !". La donna continuò a fissare il pane, irresistibilmente attratta e con l’acquolina in bocca. Per la “curiosità femminile”….. non riuscì a resistere e, senza che il marito se ne accorgesse, ne diede un morso, riponendolo subito nella “vertula”. Il mattino giunse radioso e di buon’ora Don Cicirillu si avviò verso “u chianu rù cievusu”, in cui si trovava la casa di Donna Vituzza. Questa era già sulla…..“sogliola” di casa che lo aspettava. Lo fece entrare e Don Giuvanninu Cirillu vide, con grande stupore, un enorme telaio d'oro al centro della stanza. Incantato il pastore prese il pane dalla “vertula” e lo porse alla donna che lo esaminò per bene, accorgendosi subito del morso - "Questo pane non è integro !!!! " disse. L'espressione del suo volto cambiò repentinamente, spaventando a morte il povero Don Cicirillu che, indietreggiando, uscì dalla casa. ”Tutto quello che hai visto sarebbe stato tuo, se avessi tenuto fede alla parola data ! Ora invece tutto si ridurrà in cenere” - disse Donna Vituzza chiudendo fragorosamente la porta in faccia al povero Don Giuvanninu che, desolato si avviò con la testa tra le mani…. verso casa propria…… Continuò a vivere la sua vita di stenti senza più rivedere le tre cornacchie ! E Patri Ninu dopo aver bevuto l’ultimo sorso di vinu….aggiungeva : “quannu vi dicinu r’un tuccari nenti……unn’aviti a tuccari nenti ! Semu ntisi ? “.







“Lu cuntu è lestu lu cuntu è finutu ora datimi a biviri ca, propriu iu, unn’ aiu vivutu !”







Amuri d’oru



Epoca 800’ – Origine Palermo- C.so dei Mille



Raccolta franco e filippa gambino a Cstd’accia



da Donna Pina Bonomo che la cantava.-







Aju li mei né perdu né vinciu



L’avutri fannu arruri e jeu li chianciu



Ninuzzu d’oru Ninuzzu d’argentu



Iu ti vulissi sempri a lu me cantu



Iu t’aju a ffari un vistitu d’argentu



Tuttu di fila d’oru arraccamatu



Quannu passi di ccà si ssì onestu



Un fa capì alla genti ca nui cci amamu



Tu cali l’occhi iu calu la testa



E chistu è signu ca nnì salutamu



Li genti sunnu misi a li rasola



Ca vonnu ca nuatri dui nnì nni fuemu




I sogni son desideri ...vero Giulia?
















U Pani... d’oru? (Cunti di San Pantaleo - tradizione orale)

Giovedì 20 Settembre 2012 15:56

San Pantaleo in tutte le stagioni presentava (e…presenta ! ) scenari naturali meravigliosi e le poche famiglie, tutte, più o meno, imparentate tra loro, conducevano una vita serena tra il faticoso lavoro agreste , pastorale e le quotidiane occupazioni del baglio , della casa , della famiglia. Tutte attività “bucoliche” che assicuravano una lieta e tranquilla unione familiare. I bambini, a fine giornata, aspettavano l’arrivo di Patri Ninu per trascorrere la loro serata tra ….”jocura , cunti e canzuneddi” che, il più delle volte, costituivano anche, il passatempo dei grandi ….. davanti, magari, ad un buon bicchiere “di vinu…. chiddu vecchiu nisciutu ca ‘mmiragghia’ nnà cannata ciuriata”. Uno dei cunti più richiesti (o forse meglio interpretato da u Patri Ninu)...



era “ U Pani d’oru “…. che narrava di un Pastore –Don Giuvanninu Cicirillu - al centro di una…leggenda fantastica…..- U Patri Ninu , “assittatu supra i peri” (come si fa tutt’ora in campagna….) cominciava , così, il suo “Cunto” : Dunqui….Dunqui….U Pasturi Don Cicirillo !! (…sintiti senza fari battaria ! ) :……era un inverno particolarmente freddo ed un giorno, arrivato all'ovile, l'uomo notò tre cornacchie che, immobili come statuine, osservavano lo svolgersi del suo lavoro. Giorno dopo giorno, le cornacchie tenevano compagnia a Don Cicirillu….. "Avranno pitittu !" - pensò. Recuperò dall'ovile tre vecchi piatti, nei quali mise qualche pezzo di formaggio. Gli uccelli vi si buttarono letteralmente sopra, mangiando avidamente. Cuntentu, Don Cicirillu, “cci retti a manciari” regolarmente ogni giorno e le cornacchie continuarono a frequentare “a sò mannara”, mese dopo mese, sino all'arrivo dell'estate. Purtroppo per Don Cicirillu -ntà dd’annata- il raccolto fu scarso a causa della siccità. In paese tutti si lamentavano della mancanza d'acqua e in tanti si decisero a spostarsi verso i paesi più fortunati in cerca di cibo per il sostentamento delle proprie famiglie.Così anche Don Cicirillu, decise di andare in cerca di grano verso Salemi. I suoi pensieri erano cupi quando giunse in prossimità del Ponte di Pusillesi. Avanzava lentamente sul suo asinello quando sollevando lo sguardo notò tre belle ragazze, vestite di nero, presso la riva del fiumiciattolo sottostante. Una delle tre, avanzando verso di lui esclamò - ” Zzù Giuvanni comu stati ? Assai tempu ca un si videmu !”. Il pastore, un pò sorpreso chiese: ”E Tu cu sì ? E comu sai u me nnomu ? ”. - “Siamo le tre cornacchie che tu sfamasti durante l’inverno” - risposero le fanciulle - ”e sappiamo che ora sei diretto a Salemi per acquistare del grano”. U zzù Giuvanni rimase di stucco e le fanciulle gli consigliarono da quale famiglia recarsi per acquistare il grano ad un prezzo buono.. “ …Vai, noi ti aspettiamo qui” - aggiunsero - “perché al ritorno dobbiamo darti qualcosa da consegnare a San Pantaleo”. Una volta giunto al paese di Salemi, U Zzù Giuvanni trovò la casa indicata e venne accolto con gentilezza ed invitato a passare la notte. L'indomani riprese la via del ritorno e giunto al Ponte vide nuovamente le tre donne che gi dissero - “Dovete portare questo pane a Donna Vituzza a San Pantaleo; Lei vi darà un dono, se porterete questo pane, integro così come lo vedete ora !". L’uomo prese il pane , lo mise nella bisaccia, giurando che non l'avrebbe toccato. Rientrando a San Pantaleo, ripensava ai Cunti raccontatigli -da piccolo- dal padre e ancora non riusciva a credere che invece, proprio lui, era diventato protagonista di una delle storie che da bambino gli piaceva tanto ascoltare. Dopo aver trasbordato tutto sulla barca , partì dal molo del Baglio Abele e dopo aver oltrepassato il muro delle saline, scansando le prime “trisce”, approdò sulla sua Isoletta - San Pantaleo-. Arrivò a casa a notte inoltrata, con la schiena a pezzi a causa del viaggio. Iniziò a scaricare il grano. La moglie Rosa, che era ad attenderlo preoccupata, uscì sul “chianu” per aiutarlo a entrare i sacchi nel magazzinetto e nel prendere la “vertula”, vi trovò dentro il grosso pane, bellissimo e interamente decorato. ” Giuvanninu…. di cu è questo pani?” - chiese meravigliata “Lascialo stare, non toccarlo !” - rispose il marito - “è una consegna che devo fare a Zzà Vituzza !". La donna continuò a fissare il pane, irresistibilmente attratta e con l’acquolina in bocca. Per la “curiosità femminile”….. non riuscì a resistere e, senza che il marito se ne accorgesse, ne diede un morso, riponendolo subito nella “vertula”. Il mattino giunse radioso e di buon’ora Don Cicirillu si avviò verso “u chianu rù cievusu”, in cui si trovava la casa di Donna Vituzza. Questa era già sulla…..“sogliola” di casa che lo aspettava. Lo fece entrare e Don Giuvanninu Cirillu vide, con grande stupore, un enorme telaio d'oro al centro della stanza. Incantato il pastore prese il pane dalla “vertula” e lo porse alla donna che lo esaminò per bene, accorgendosi subito del morso - "Questo pane non è integro !!!! " disse. L'espressione del suo volto cambiò repentinamente, spaventando a morte il povero Don Cicirillu che, indietreggiando, uscì dalla casa. ”Tutto quello che hai visto sarebbe stato tuo, se avessi tenuto fede alla parola data ! Ora invece tutto si ridurrà in cenere” - disse Donna Vituzza chiudendo fragorosamente la porta in faccia al povero Don Giuvanninu che, desolato si avviò con la testa tra le mani…. verso casa propria…… Continuò a vivere la sua vita di stenti senza più rivedere le tre cornacchie ! E Patri Ninu dopo aver bevuto l’ultimo sorso di vinu….aggiungeva : “quannu vi dicinu r’un tuccari nenti……unn’aviti a tuccari nenti ! Semu ntisi ? “.







“Lu cuntu è lestu lu cuntu è finutu ora datimi a biviri ca, propriu iu, unn’ aiu vivutu !”







Amuri d’oru



Epoca 800’ – Origine Palermo- C.so dei Mille



Raccolta franco e filippa gambino a Cstd’accia



da Donna Pina Bonomo che la cantava.-







Aju li mei né perdu né vinciu



L’avutri fannu arruri e jeu li chianciu



Ninuzzu d’oru Ninuzzu d’argentu



Iu ti vulissi sempri a lu me cantu



Iu t’aju a ffari un vistitu d’argentu



Tuttu di fila d’oru arraccamatu



Quannu passi di ccà si ssì onestu



Un fa capì alla genti ca nui cci amamu



Tu cali l’occhi iu calu la testa



E chistu è signu ca nnì salutamu



Li genti sunnu misi a li rasola



Ca vonnu ca nuatri dui nnì nni fuemu


















venerdì 14 settembre 2012

marsala c'è , Rubrica Settimanale : "M'assettu fora a lu lustru di la luna...."

Cantastorie: “...Amuri dispiratu!”

 franco gambino                                                  Venerdì 14 Settembre 2012
Chi vuol sapere notizie utili alla conoscenza del mondo dei cantastorie siciliani, ne troverà, quanti ne vuole, in ogni provincia della Sicilia e di ogni tipo……anche ciechi, “sciancati”, giovani, anziani e tutti hanno….. il mare, la campagna , una Chiesa, una piazza davanti ai loro occhi “estesi”…. come la loro memoria. Salvo poche eccezioni, i “cantastorie” conducevano una vita piuttosto stentata, ma non sapevano abbandonarla, neanche con l’attrattiva d’una vita migliore. . Chiunque si sia occupato di una certa cultura Siciliana, fatta di tradizioni, canti e “cunti”, si è accorto della loro generale e naturale propensione al racconto divertente e curioso.- intriso di storie di personaggi irripetibili, figure insensate, sconsiderate, particolarmente... numerose…. nell'aristocrazia siciliana, quasi ci fosse un dovere di stravaganza… per titolo e per censo. Vicende, a volte, esilaranti, ma anche complicate, raccontate in innumerevoli e contraddittorie versioni, continuamente arricchite da testimonianze e, soprattutto, del “passaparola” , senza nulla togliere ai numerosi “cultori”, che hanno conosciuto la Sicilia come pochi altri ed hanno avuto il piacere di scriverne, e di estrarle dalle loro leggende . Il cantastorie nei secoli scorsi fu tra i protagonisti della vita quotidiana dei paesi e vi era tanta gente che accorreva per ascoltare dalla sua viva voce fatti delittuosi e avvenimenti realmente accaduti …..Egli appariva davanti al tradizionale telone, diviso in riquadri vistosamente dipinti, con una chitarra e una bacchetta di legno in mano, che la gente doveva seguire durante il racconto cantato ed era possibile che il cantastorie si fermasse “nnà cantuniera”- cioè all’angolo di due vie - Spesso le sue “storie” riportavano fatti di cronaca, o avvenimenti effettivamente accaduti , di una - più o meno- gravità in alcuni centri della Sicilia Negli anni 40’ era facile ascoltare le gesta o “u cuntu” sul bandito Turiddu Giuliano o dell’omicidio Lo Verso – Palermo-, Virgillito –Catania-, o i misfatti commessi da banditi, che in quel periodo si lasciavano andare, in furti di bestiame, rapine o sequestri di persona. Era, quello, uno spettacolo ricco di interesse e di curiosità che toccava i sentimenti della gente, tutte le volte che i cantastorie impiantavano i loro spettacoli nei diversi paesi dove sostavano per qualche giorno. Molto scalpore fece negli anni Cinquanta la storia della Baronessa di Carini che veniva cantata e narrata, a grande richiesta, da molti cantastorie nostrani.. Tempo addietro l’arte appassionante del cantastorie è stata fatta rivivere in televisione con il film ispirato proprio alla storia della sfortunata fanciulla di Carini. Ricordiamo che accanto a questa tipica figura di origine medievale vi era, poi, la narrazione orale della gente, che spesso si riuniva nei vicoli antichi dei vari quartieri per il consueto “riassunto” pomeridiano, farcito di commenti….. In epoche più recenti il cantastorie non ha avuto più il richiamo di una volta, tant’è che la sua poetica figura è scomparsa nel tempo. A contribuire alla sua sparizione, la diffusione dei vari giornali con la cronaca nera ed il potente mezzo televisivo. Nei ricordi di mio Nonno Ciccio, mi sovviene un aspetto “educativo” narrato a noi nipoti - per elogiare ed esaltare, la figura del cantastorie…….: Allora il Cantastorie costituiva –tra l’altro- anche l’immaginazione nel cuntu ….. in pratica era,come andare ad assistere ad un film o ad uno sceneggiato (oggi) . Nel rione della Noce a Palermo (in via Simone Raù) abitava un certo Gaetano Filizzola ( chiamato Don Tanu ! ) il quale, come molti, era appassionato “spettatore” dei Cunti della “storia dei Paladini di Francia” che un certo “Don Vicienzu Mannu” cuntava due volte la settimana (nel riposo del Suo girovagare di Cantastorie) nel suo “Funnacu” (deposito di carrozze) di via Vincenzo Littara , attraverso un “bellissimo” Teatrino….. muntatu . Don Tanu Filizzuola, raccontava mio Nonno, ridusse, dunque, a dovere i suoi nove figliuoli , un po’ sfrenati, con il “cuntu”. Essi rientravano in casa la sera facendo le ore piccole, e non c’ era verso che mutassero vita. Che fare? Un bel giorno il Padre (Don Tanu) invitò in casa u “Zzù Vicienzu Mannu”, e chiamò i figliuoli a udirlo. Nessuno mancò. Il Cuntu dell’Amico Don Vincienzu, se pur breve ed a puntate (e ricompensato con qualche bella bevuta di vino bianco carta di Partinico…), appassionò a tal punto i ragazzi che tutte le sere prima che “scurassi”, i nove figliuoli Filizzola, facevano a gara a chi per primo tornasse a casa per andare a sentire l’interessantissimo cuntu…...a puntate. Una delle “leggende antiche” – cavallo di battaglia di Don Vincenzo Manno-, che appassionava il folto pubblico dei “Cantastorie” in tutte le piazze da Lui visitate in…tournèe, era la richiestissima storia della bella Annuzza di Isola delle Femmine. La sua chitarra , le inflessioni e le modulazioni della sua voce entravano diritte al cuore degli spettatori fino a procurare commozione e lacrime….brevemente (anche qui, per motivi di spazio…) eccovi “u sucu” (come dicono nei centri popolari…) della leggenda : …..Lungo la costa palermitana, proprio accanto a Capaci, c’è un paesino chiamato Isola delle Femmine. Proprio di fronte agli scogli, della spiaggia del paese c’è un isolotto, piccolo e grazioso, oggi rifugio di gabbiani e conigli ... La leggenda narra che il conte di Capaci s’innamorò perdutamente di una bellissima donna, Annuzza, ma questo amore non era ricambiato ed il Conte venne rifiutato. Geloso, furioso e disperato, decise di far imprigionare la donna su un isolotto perché nessun altro uomo potesse vederla o toccarla. La poverina Annuzza, era disperata, ma cosa ci poteva fare se il conte non le piaceva? Una notte di furioso vento di maestrale, mentre il mare era in tempesta, nella sua più grande disperazione, decise di gettarsi tra gli scogli. La donna morì sparendo tra le onde e da allora si racconta che ogni tanto nel paesino, si sentono …… nelle notti di vento, le sue grida di dolore provenienti dall' Isola delle Femmine.. Alla fine del cuntu che, in genere, Don Vicienzu “facieva durari un bellu piezzu”, gli spettatori e le spettatrici si abbandonavano, commossi, ad epiteti irripetibili, verso il…Conte di Capaci……mentre Totuccio –l’aiutante del Cantastorie, aveva il suo bel da fare per ….”cogghiri i picciuli” !

Amuri: “Cantu a la luna!”
Canto Popolare –“lungolanottedeicarrettieri”
da Anonimo - Origine Sicilia Orientale CT
Trascriz. M°. Salvatore Riela
...i Cantastorie lo eseguivano
alla fine del loro Cuntu “Amuri dispiratu”

Amuri pazzu di duluri
Amuri di milli suspiri
Amuri Amuri dispiratu
Amuri quantu t’aju amatu
Lu me cori è tò
Dimmi si lu vò
Amuri senza mai durmiri
Amuri senza mai parlari
Amuri comu fa la luna
Amuri meu senza furtuna
Lu me cori è tò
Dimmi si lu vò











venerdì 7 settembre 2012

Birgi è.......la Religione con le sue Tradizioni !






Il Santuario di Maria SS.ma Immacolata a Birgi:
una Parrocchia tra Religione e Tradizione !


Giovedì 06 Settembre 2012 15:52

...” santuario è un luogo considerato sacro per la manifestazione del divino”.
 Sin dai primi dell’800 la Contrada Birgi sentì forte la necessità di dotarsi di un luogo Sacro dove pregare e dove poter svolgere i riti religiosi e come riportato dagli atti custoditi presso la Parrocchia ( e raccolti, a salvaguardia, da Padre Giuseppe Milione e dal Prof. Aldo Nocitra - n.d.r.) per devozione e rispetto dei fedeli (di allora…!), fù tanto sentita la necessità per l’edificazione di una Chiesa dedicata a Maria SS.ma Immacolata- (...riporto, come mia abitudine, un breve stralcio degli atti originali, oggi custoditi presso la sede dell’Associazione “Pro BIRGI”): ...“ Della contrada Birgi si sono innanzi a me, Notaio, presentati i Signori: Don Pietro Passalacqua,...
Giuseppe Passalacqua, padre e figlio, Antonino Amato fu S.re, Maltese Giovanvito di F.sco, Pellegrino Ignazio di Pietro, Sances Giuseppe fu Antonio, Pulizzi Giuseppe di Michele, Frazzitta Giovanvito fu Francesco, Maltese Filippo fu Paolo, Sammartano Gaspare fu Vincenzo,Campaniolo Giovan Maria fu Giuseppe, Campanella Giovanni fu Matteo; ed i Signori: Don Rocco Milazzo e Donna Maria Milazzo , fratello e sorella, nubili, possidenti , figli dell’estinto Don Vincenzo. Hanno le parti rapportato che, per conto dei fedeli, essendo necessaria la edificazione di un nuovo tempio campestre nella contrada BIRGI ed i cui abitanti si sono di gran lunga moltiplicati per la concessione enfiteutica dell’ex feudo dei detti- BIRGI-, fatta a diverse persone, per non restar lontani dagli obblighi che dalla nostra Santa Religione vengono imposti a tutti coloro che la professano cioè appunto quelli di sentire la Messa nei giorni di precetto e di pregare l’Altissimo per la salvazione dell’anima... e che da alcuni non si adempiono per conseguenza della lontananza delle Chiese campestri dei propri fondi o per qualche altra causa, a tal oggetto si sono i componenti di BIRGI impegnati al massimo per la costruzione di una nuova Chiesa in una grandezza capace a poter ricevere tutti i con-vicini della suddetta Contrada... ”- E’ possibile , ancora oggi, leggere i registri dell’anno 1892, in cui i nostri lontani antenati annotarono con grande cura, amore e precisione qualunque cosa facessero in Chiesa e per la Chiesa. I registri che vanno dal 1892 al 1946 non sono tanti , ma tutti riportano con grande meticolosità quanto si spendeva per le cerimonie religiose, quanto davano i fedeli...: la Chiesa Maria S.S.Immacolata venne ad essere la diretta continuazione della Cappella Gentilizia esistente che, anzi, fu aggregata, costituendone l’abside dell’attuale Chiesa . Questi lavori furono completati nel 1853. “ La Chiesa fu fatta Parrocchia il 7 Dicembre 1921, ma rimase diritto patronale dell’Avv. Salvatore Vaccai, nipote dei Sigg. Milazzo, sino al giorno 11/5/1935, in cui S.E.Monsignor Salvatore Ballo Guercio vescovo della Diocesi di Mazara, comprò il titolo di Patronato sulla Chiesa con atto rogato dal notaio Giacomo Montalto Pallegrino di Marsala I soldi per l’acquisto del titolo di patronato furono raccolti dall’Arciprete Don Calogero Cusumano nella Contrada BIRGI ….Il primo Parroco della Parrocchia Maria S.S. Immacolata di BIRGI fu il Sacerdote Girolamo Promontorio che rimase in carica dal 3 Agosto 1941 fino al 1966 passando la titolarità della Parrocchia a Padre Giuseppe Milione. Rileggendo gli atti ed i registri del passato, che sono fonti di grande conoscenza di vita è doveroso riportare fedelmente, per la conoscenza delle future generazioni, affinché esse abbiano a riceverne grazia e fortezza, parte dell’atto del notaio Antonino Caruso di Marsala del 5/9/1852 in cui chiaramente amifesti appaiano l’amore, la fede e la spiritualità dei nostri lontani progenitori !””- La Festa in onore dell’Immacolata si svolgeva in 6 giornate che precedevano l’8 Dicembre e, ricordavano i vecchi e Don Giuseppe Milione…., all’interno della Festa (ma anche di altre numerose manifestazioni Religiose) compariva l’uso rituale delle fronde di alloro. Questa pianta si ritrovava in molte Feste Religiose in Sicilia e soprattutto nelle Feste Mariane e Patronali. Intorno all’alloro si muoveva il complesso rituale del Pellegrinaggio al Santuario della “Immacolata”, con una processione molto sentita e di notevole interesse. “Rallègrati, piena di grazia, il Signore è con te” è questo un antico canto che veniva eseguito dai francescani e domenicani attraverso i quali, l’8 dicembre 1854 il beato Pio IX poté proclamare solennemente il dogma dell’Immacolata Concezione di Maria. L’Immacolata Concezione venne, poi, definito “mirabile dogma della fede cattolica” dal beato Giovanni Paolo II. A Birgi, oggi, purtroppo, le recenti “vicende locali” hanno tentato di determinare “l’avvicendamento” di un culto tanto sentito, da sempre, nella Contrada, come già sù accennato, , non rispettando, secondo me, la Storia della Chiesa locale che si vorrebbe far rimanere sullo sfondo, pronti ad imporre, “seppur sottilmente”, una... trasformazione degli “usi e costumi”...della Parrocchia stessa. Ed aggiungo: ...Cosa sarebbe la Religione, la Fede, se consideriamo estranei i riti dalle più autentiche tradizioni, considerando solo quella mentalità che vorrebbe sbarazzarsi di tutto ciò che la gente si è “impregnata” da secoli , disattendendo o ignorando l’utilità sociale della “Religione” nelle sue Tradizioni? “Immacolata Maria , mantuzzu d’oru, tutti l’ancili stannu a coru, stannu a coru mparaddisu, o Maria lu bellu visu” (canto a Maria Immacolata lungo la Processione- L.Vigo 800’- pag. 523 racc. Ampl.ma Canti Popolari Sic.).

AVIMMARIA
Canti Popolare anonino / epoca primi ‘800
Racc. Prof.ssa Liliana Jaria- S.Teresa Riva (Me)


Ti salutu MARIA Mmacolata,
Santa Matri di DIU
E biniditta Tu ‘nta tutta la genti
E binidittu lu figghiu to’ , Jesu .
Santa Maria
Ccù tutti li grazi
Lu Signori veni cu tia
Sempri ‘nta lu to’ ventri,
Maria .
Prega pi li piccatura,
su tutti figghi toi,
Maria.
.................…..Ave Maria piena di grazie etc  ( 3 volte)