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domenica 11 marzo 2012

dal Quotidiano "MARSALA c'è" del 9-3-2012



I cosi duci di li batii... (G.Meli) PDF Stampa E-mail
Scritto da Franco Gambino   
Venerdì 09 Marzo 2012 10:19
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Quando, portandolo alle labbra,  si intacca quel dolce involucro di pasta frolla da cui fuoriesce, come lava incandescente,  la morbida crema calda si capisce perché si ha la convinzione comune che  le genovesi  si debbano mangiare  a  “scotta- labbra…..e,  se a tutto ciò aggiungi il profumo della cannella o che sò io….da qui capisci perché molti poeti e studiosi hanno decantato la pasticceria conventuale.  I cosiddetti “viscuotta rà monaca” ed i dolci della badia   diffusi e ricercati in numerosi centri della Sicilia,  ci dimostrano l’importanza che essi hanno avuto  presso i  monasteri –particolarmente femminili-  nello sviluppo della  “pasticceria siciliana”, al punto, che il Pitrè  ne considerava un vera e propria cultura popolare la conservazione ben ... celata dei ricettari. Un’interessante testimonianza  ci viene dal Meli il quale dedicò una delle sue splendide poesie ( “ Li cosi duci di li batìi “) ai dolci che venivano preparati dai ventuno monasteri della Sicilia Occidentale ma prevalentemente a Palermo ed Erice……Monastero di S.Chiara (Pa), S.Caterina (PA) , la Martorana (PA) , Convento di Clausura S.Carlo di Erice etc. Il Pitrè al proposito, ironizzando sull’argomento, annotava che ogni monastero aveva -come simbolo- l’emblema in legno o in marmo che richiamava le loro specialità…..”Le braccia incrociate” per le Francescane, “una piatta di pasta mandorle” nel simbolo della Charitas delle Monache Paoline…etc.  Ancora oggi sono molto note le “cassatelle” della Martorana o di S.Caterina, i bocconcini di cedro delle Monache Benedettine di S.Michele a Mazara, i “nucatili” del Monastero di S.Elisabetta, i  “muscardini” della Concezione per il Festino. Il Monastero di S.Carlo a Erice era noto fino a qualche decennio fa,  per  dolcetti di riposto, per quelli di mandorle, per  i biscotti della Batia e per le rinomate genovesi , la cui ricetta  è  custodita da pochissimi “dolcieri” tra cui la nota Maria Grammatico di Erice ed il marsalese Paolo di Girolamo di “lungolanottediDara” il cui laboratorio è preso d’assalto -durante la notte- da giovani e buongustai lungo la via Trapani. La chiesa ed il convento di Erice eretti nei primi del 1600 furono dedicati a S.Carlo e, pare, che, per tradizione, le Suore in ogni festività o ricorrenza  preparassero un vassoio speciale con i dolci del convento per il “Confessore”… unitamente a sei fazzoletti di seta rossa e gialla e sei cucchiaini da caffè in argento. Nei secoli scorsi , nelle case patrizie, i nobili usavano far preparare i dolci –per i loro sontuosi ricevimenti-  dalle suore di clausura. Pare, però, che la bravura delle Suore suscitasse qualche gelosia (invidia) tra i “monsù” o i cuochi dei “Palazzi” e, come riportato da Giuseppe Pitrè nel suo libro “La vita di Palermo cento e più anni fa…(Cap.X pag.71)”  pare che “al cospetto delle Suore, qualsiasi “speziale” (dolciere), dovesse andare a nascondersi” ! Come molti ricorderanno, ogni Monastero aveva un piatto , un manufatto, un manicaretto che era  come il suo distintivo. Tutti i Pasticcieri  gareggiavano nel comporre specialità d’ogni maniera …ma nessuno poteva mai uguagliare la squisitezza dei dolci conventuali. Molti dolci , che oggi troviamo in tutte le Pasticcerie, un tempo erano legati alle particolari festività : Feste in Famiglia, Ricorrenze del Calendario Liturgico, Feste Patronali. Essi ancora oggi rappresentano un giusto “riferimento” per onorare un evento – dalle Festività  religiose al pranzo domenicale…..E’ sempre buona usanza , qui da noi, che si portino dolci quando si è invitati  e la vera  accoglienza consiste quando gli ospiti sono costretti a….”bussare con i piedi ! “ (….avendo le mani impegnate dalle enormi guantiere di dolci). I Dolci  sono (erano !) protagonisti principali nelle Feste di Fidanzamento……era infatti d’obbligo da parte “rù zitu”, quando si presentava per …”l’acchianata” ( con i genitori faceva visita - per la prima volta-  a casa della fidanzata per la….”ricanuscenza” ! ), portare le “paste”   ed ogni tipo di dolci ripieni ( dalla ricotta alla cucuzzata) e..solo così era Festa. Ma un aspetto che trae origine dalla tradizione delle Monache di Clausura era l’ampio riferimento dato ai biscotti ed ai cannoli, alle iris  o alla cassata…..Pare infatti che i famosi biscotti di S.Martino avessero in origine due forme collegate alla procreazione : una a bastoncino ed una  rotonda… entrambi a rappresentare la fecondità, oggi è rimasta solo quella rotonda (a rappresentare il grembo femminile).  Il cannolo simbolo maschile per eccellenza , è nato tra le mura dei conventi e pare che, inizialmente, le sue dimensioni, maliziosamente, fossero state “alterate” dalle monache ericine . A questo dolce , ormai conosciuto in tutto il mondo, le monache hanno associato la morbidezza delle iris con ricotta, simbolo della femminilità del grembo materno.   Ho lasciato per ultima la famosa “cassata”. La tradizione vuole che la cassata siciliana sia stata inventata,  al culmine della dominazione musulmana. La sua antica nascita, è testimoniata da un documento del Sinodo di Mazara del Vallo del 1575, nel quale la cassata e' definita "indispensabile nelle feste pasquali". Intorno al 1700 i monasteri di clausura si appropriarono del primato della produzione della torta arricchendola del caratteristico bordo verde di pasta di mandorle. Rivediamo ora, immaginandola insieme, piacevolmente, Cari Lettori, la cosiddetta “Ruota” (la botola posta all’entrata nella parete divisoria del muro del convento) dove le suore porgevano  le guantiere….. non prima –dopo aver fatto girare la ruota- d’aver ritirato il pagamento….a scanzo di brutti scherzi ! Anche questo faceva parte della….tradizione.
I cannuola

Epoca 1685
un poeta tale Monaco Sac. D. Stefano
Ode ai Cannoli
Beddi cannola di Carnilivari,
megghiu vuccuni a lu munnu
nun cci n'è;
ssu biniditti spisi li dinari.
Ogni cannolu è scettru di ogni Re;
arrivanu li donni a disirtari;
lu cannolu è la virga di Moisè;
cu nun ni mancia,
si fazza ammazzari,
cu li disprezza
è un gran curnutu affè!

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