dal Quotidiano........ "Marsala c'è" di venerdì 16-3-2012
Scritto da Franco Gambino |
Venerdì 16 Marzo 2012 10:01 |
In Sicilia l'alborata era un breve sparo di petardi ad un solo “botto”, chiamati “masculi “, che veniva eseguito alle prime luci dell'alba o comunque di mattina presto, generalmente in aperta campagna, ed annunciava la festività di San Giuseppe in Paese o nella Contrada. I botti si susseguivano con pause di 5/10 secondi e si concludevano dopo circa mezz'ora con un brevissimo gioco d'artificio. Nella tradizione popolare, San Giuseppe, sposo della Vergine Maria, è il Santo protettore dei poveri, poiché i più indifesi hanno “diritto” al più potente dei Santi. In questo giorno, si ricorda la Sacra coppia di giovani sposi, in un paese straniero ed in attesa del loro Bambino, che si videro rifiutato, alla richiesta , un riparo per il parto. Questo atto, che viola due sacri sentimenti: l'ospitalità e l'amore familiare, veniva ricordato anticamente ,con l'allestimento di un banchetto speciale. Così in alcune contrade della ... nostra città (ma anche in molti altri Paesi della Sicilia) il 19 marzo di ogni anno, si usava invitare i poveri al banchetto di san Giuseppe. In questa occasione, un sacerdote benediva la tavola, ed i poveri erano serviti dai padroni di casa. Oltre a proteggere i poveri e le ragazze, San Giuseppe, in virtù della sua professione, è anche il protettore dei falegnami, che da sempre sono i principali promotori della sua Festa. Nelle usanze Siciliane il 19 marzo è associato ad alcuni aspetti della tradizione popolare : la vampa di San Giuseppe, la pasta con le sarde, la sfincia di San Giuseppe . In coincidenza con la fine dell'inverno, la Festa, si è sovrapposta ai riti di purificazione agraria, effettuati nel passato pagano. In quest'occasione, infatti, si bruciano i residui del raccolto sui campi, ed enormi cataste di legna vengono accese ai margini delle piazze. Quando il fuoco sta per spegnersi, alcuni li scavalcano con grandi salti, e le vecchiette, mentre filano, intonano inni per San Giuseppe. La “promisione” è il motivo fondamentale che spinge alcune famiglie a continuare una tradizione popolarissima, che da secoli tutti gli anni, per il giorno di San Giuseppe, si ripete: “Le cene di San Giuseppe o “Artari di San Giuseppe”. A Birgi presso il Baglio Sanges fino ad alcuni anni fa nel “passo Angileri” si rievocava “l’invito”….scopo principale era quello caritatevole verso famiglie povere, affinché non mancasse mai il pane tutto l’anno e l’invito alla mensa di tre bambini poveri. Era questa la rievocazione religiosa della fuga di Gesù, Giuseppe e Maria dall’Egitto, ai quali veniva servito il pranzo, tra canti e filastrocche dialettali. Una bella consuetudine all’insegna della generosità ed il ringraziamento al Santo –da parte di altri convenuti- i quali per grazia ricevuta portavano provviste alimentari, indumenti e quanto di più utile ai tre bambini che rappresentavano la Sacra Famiglia. Il Pranzo cominciava con il primo piatto servito : la pasta con le sarde e la mollica, seguivano le polpette di sarde o d'uova, quindi le fritture, in ultimo i dolci e per concludere la frutta fresca e secca . Un altro aspetto della tradizione era la realizzazione con “i pani” dell’Altare di S.Giuseppe in ogni casa. Ancora oggi quest’usanza è molto diffusa in alcune nostre contrade: I preparativi che iniziano mesi prima impegnano soprattutto le donne della famiglia che aiutate da parenti e amici destinano una loro stanza di casa affinché si possa impostare l’altarino con la mensa ed il giorno di San Giuseppe possa essere visitato da gente che viene da fuori a cui vengono offerti pezzi di pane fatto in casa con olive. Il pane, occupa dunque, un posto molto rilevante nella storia locale, esso riveste un significato sociale, religioso e sacro, simbolo fondamentale del lavoro umile del Santo, è preparato in diverse forme: la palma per ricordare la verginità della Madonna, mentre quello di Gesù bambino, a forma di fiore o di cuore più un cesto con gli attrezzi per il lavoro dei campi per rievocare l'operosità del Santo. Per ultimo abbiamo lasciato la…dolcezza ! …..il Dolce tipico di questa tradizione : la Sfincia di S. Giuseppe: (dal latino spongia, "spugna" oppure dall'arabo "sfang" o “isfing”, con i quali si indica una frittella di pasta addolcita con il miele), è un dolce fritto, diffuso nella Sicilia occidentale. La ricetta tipica prevede la realizzazione di una pastella di farina, acqua e uova, che viene fritta in olio bollente o in strutto, poi ricoperta con zucchero o, più comunemente, con una crema di ricotta di pecora con pezzetti di cioccolato, e guarnita da scorza d'arancia e pezzetti di pistacchio. “….la festa di San Giuseppe diventa dunque, il trionfo della sfincia con la ricotta, ma è utile ricordare che …..Marzo è un mese che non gode di buona fama, probabilmente per le sue stramberie meteorologiche . E di precedenti, poco raccomandabili deve averne molti, se un canto popolare (Pitrè) ci mette in guardia con i seguenti versi "E trasi marzu lu svinturatu , a cui cci scippa e metti la saluti , ma si pri sorti ti trovi malatu, di novu ti lu fa lu tabbutu . “- Ma credo sia “grazioso” ricordare un episodio che si ripeteva annualmente a “Ballarò” ( uno dei mercati storici di Palermo): il famoso "Zu Martinu" (u quarumaru ! ) di piazza Ballarò, che avendo perduto nel corso della sua vita moglie e figli in marzo, alla mezzanotte passata del 31, si affacciava al balcone di casa sua, compiva davanti una folla, in attesa, “osannante” una usuale funzione…… fisiologica, esclamando le fatidiche parole "…...e t'aju pisciatu Marzu!…va fa ntò c…..! “ e tra una bevuta e l’altra , pare che consumasse dodici belle “Sfincie ri San Giusieppi !” ….cù ssaluti ! San Giusippuzzu (raccolta franco e filippa gambino) Canto popolare di Anonimo – Epoca 1800 Ascoltato a Misserio (ME) durante le Novene di S.Giuseppe .Stessa versione con “eu” ascoltata durante la lavorazione dei panetti di S.Giuseppe a Salemi e nella contrada “Luogo di Giorgi” di Marsala dalle famiglie “Zicchina” tanto operose San Giusippuzzu vinia di fora e purtava un mazzutteddu d’insalata Lu Bammineddu cci dissi a la Madonna mamma manciamu ca veni lu Tata Mancia tu sulu ca sì picciriddu eu manciu cù to patri vicchiareddu. Passa babbau pigghia a Turiddu iddu s’ammuccia rintra u panareddu Faciticcilla a naca all’arvuliddu pi sintiri lu cantu di l’aceddu L’ancilu passa Tu di cu sì figghiu ? eu sugnu figghiu i Maria e Gesippuzzu beddru . |
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