Associazione Culturale "PRO BIRGI"

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venerdì 30 marzo 2012

Rubrica "Marsala c'è" ....."m'assettu fora a lu lustru di la Luna ! "


 Venerdì ३० marzo  2012
Domenica delle Palme
..................................................................................... u “Patri Parracu” arrivava supra a sciccaredda e si purtavanu i pupi cu ll’uova!
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La Settimana Santa, una delle ricorrenze religiose più sentite in provincia di Trapani (ma anche in tutta la Sicilia…), inizia con la Domenica delle Palme a ricordo dell’entrata di Gesù Cristo in Gerusalemme. .Anticamente la funzione si svolgeva al mattino presto. I fedeli con palme e ramoscelli di ulivo in mano, si radunavano all’inizio della Piazzetta Immacolata –a Birgi-, dove c’era Padre Calogero Cusmano ( poi – a seguire nel tempo- Padre Francesco Perrone, Padre Girolamo Promontorio e Padre...
Giuseppe Milione), in paramenti sacri ad aspettarli e a mettersi a capo di una piccola Processione che, dopo un breve giro delle vie vicine, rientrava nella Chiesa dell’Immacolata, dove durante la S. Messa Pontificale, quella concelebrata con un altro sacerdote, “servita” da un folto numero di chierichetti e cantata, si completava il rito con la benedizione delle Palme. Mi si dice (fonti Sanpantaliare….) che qualche tempo prima, a memoria dei più anziani, il “Patri Parracu” arrivava a cavallo di un’asina, forse, in conformità di quanto si legge nei Vangeli sull’entrata di Gesù a Gerusalemme. Le palme e i ramoscelli, dopo la Benedizione, venivano, poi, portati a casa e conservati in segno di beneaugurante auspicio di benessere familiare. La Pasqua è una festa mobile, cioè senza una data fissa, ricorrente sempre tra le date del 22 marzo e il 25 aprile, secondo calcoli stabiliti. In base a tali regole essa cade nella prima domenica, dopo il plenilunio successivo all’inizio della primavera Nella Tradizione popolare Siciliana già, nella giornata del Giovedì Santo fa la comparsa “u lavureddu”, -piccole “casirie” con teneri germogli di grano o di ceci, fatti crescere al buio su cotone inumidito che verrà portato (il “lavureddu”) in offerta , benedetto e posto ai piedi dell’Altare Maggiore. Tra i riti è da ricordare la visita ai “Santi Sepolcri” che si effettua nelle chiese addobbate con “lavureddi”, fiori e figure religiose ; la sera le strade appaiono affollate da fedeli che si recano da una chiesa all’altra (almeno 3) per una visita ai Santi Sepolcri, come da antica tradizione. Nei grandi centri, ad una certa-tarda- ora, esce, in processione, dalla Chiesa Madre il simulacro della Madonna Addolorata tutta vestita di nero, come si addice ad una Mamma in lutto, con un fazzoletto in mano, come ad asciugare le lacrime ed il viso, estremamente pallido a rispecchiare l’immenso dolore della Madre in cerca del Divino Figliolo . Ricordo che, anticamente, il giovedì ed il venerdì Santo si cantava in coro una triste nenia ( che allego) tramandata per generazioni dalla tradizione popolare. Al di là del suo significato religioso che ci ricorda la passione , morte e resurrezione di Gesù, la Pasqua cristiana, con le sue suggestive cerimonie, è grandissimo motivo di richiamo turistico allo svolgimento dei riti del Giovedì Santo a Marsala e Caltanissetta o ai riti del Venerdì Santo a Trapani o Siviglia in Spagna. Nei piccoli centri o nelle Parrocchie delle nostre Contrade altri riti si succedono, pur non richiamando turisti veri e propri e si offrono agli abitanti e fedeli in genere, particolari motivi di commozione e godimento spirituali. Per quelli che, nati qui, sono stati costretti dal destino a vivere lontano, i festeggiamenti della Pasqua sono motivo di struggente nostalgia e, a volte, inappagato desiderio di rivivere gli antichi momenti di commozione, nel ricordo della partecipazione giovanile a questi riti. . Dovendo riferire della Pasqua di quasi un secolo fa, quando tutto era diverso- a cominciare dagli uomini e dalle cose…( .naturalmente ! ) devo fare notare che, nonostante lo svolgimento fosse, pressochè simile a quello dei nostri giorni, c’era sicuramente qualcosa che ora non c’è più…… come una volta : quel fervore certamente più genuino e più diffuso, specie tra la povera gente…in un mondo che sapeva di antico, privo com’era di tutte le odierne comodità in casa e fuori. Non c’era nemmeno la luce elettrica e la sera le vie erano illuminate dalla fioca luce emanata da torce, poi dai lumi a petrolio, sistemati in alcuni angoli delle principali vie del paese, mentre le vie della povera gente restavano al buio….. ma il popolo cantava con grande fervore i canti religiosi della Passione, tramandati da “madre in figlia”…..mentre oggi pur di rimanere…. “allineati con i tempi” (?) avvertiamo l’uso invalso, di alcune comunità ecclesiali, di musiche moderne nei testi e nelle esecuzioni (rock, pop, etc.) che, secondo me, hanno ormai assunto una dimensione trasversale che dà il sapore del ripiego, del dilettantesco, di una brutta imitazione della musica religiosa , che, scusatemi, sottrae grande valore al magnifico rito liturgico. Dalle cronache di Giuseppe Cocchiara “Quaderni del Museo Etnografico Siciliano-Vol.I° ”……viene riportato “ : “….C’era tanta gente, invecchiata prima del tempo, per gli stenti e il duro lavoro, che il Venerdì Santo, nel ricordo del Cristo morto in croce, dopo aver partecipato con fervore alla piccola Processione ed alla Funzione, stendeva la mano a chiedere un pezzo di pane o un soldino “….e così, anche per loro….. era una Buona Pasqua lo stesso !

 

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