Nuvole sul Mezzogiorno. Un viaggio in Sicilia
La Sicilia come punto di osservazione privilegiato su cinquant’anni di storia italiana. Serbatoio di voti per i governi del dopoguerra, nel Sud si è sviluppato un sistema clientelare duro da sconfiggere. Mancano le strade, le infrastrutture turistiche e industriali, mentre cresce la disoccupazione e sono pochi gli imprenditori privati che osano sfidare la mafia.
Carmelo Bonomo, un tassista di Palermo, ricorda il giorno del 1964 in cui andò a prendere Lucky Luciano di fronte all’Hotel Des Palmes e lo portò all’aeroporto. I due non si scambiarono una parola durante la mezz’ora del tragitto. Quando arrivarono a destinazione, Bonomo disse al suo passeggero che gli doveva quattromila lire e Luciano tirò fuori quattro biglietti da diecimila da un cospicuo mazzo di banconote. Quando Bonomo si meravigliò, il leggendario boss mafioso lo mise a tacere dicendo: “Anche tu devi sopravvivere”.
Ma sopravvivere in Sicilia, e nel resto del meridione d’Italia, è da tempo una faccenda piuttosto ardua, e i tipi come Luciano hanno peggiorato le cose piuttosto che migliorarle. Anche Roma ha delle pesanti responsabilità per quanto riguarda il sottosviluppo del Mezzogiorno. Per le decine di governi che si sono succeduti dal dopoguerra, la Sicilia conservatrice e tutto il Sud sono stati un serbatoio di voti che ha contribuito a tenere la sinistra lontana dal potere. In cambio del loro appoggio politico, i meridionali hanno avuto una posizione privilegiata nella mangiatoia di governo, ricevendo una quota piú che abbondante di posti di lavoro clientelari, pensioni e altri favori. Questo patto ha funzionato, piú o meno, per decenni. I politici avevano i voti, i meridionali avevano i posti di lavoro e il Nord industriale aveva un enorme mercato forzato sul quale piazzare le proprie merci.
Ma l’accordo ha smesso di funzionare quando il governo non è piú riuscito a controllare il deficit di bilancio e la Democrazia cristiana ha perduto il potere a seguito dell’inchiesta Mani pulite. I quasi 50 anni nel corso dei quali il Mezzogiorno è stato trattato come un bambino viziato, e ha ricevuto un assegno mensile senza che nessuno gli insegnasse mai a camminare, hanno avuto come risultato il fatto che la metà meridionale del paese è stata lasciata in un emisfero economico diverso rispetto al Nord.
“La Sicilia è il Sud del Sud, siamo piú vicini al Nordafrica che al Sud dell’Italia”. La mancanza di infrastrutture, in aggiunta alla presenza della criminalità organizzata, che scoraggia qualsiasi iniziativa economica. “Dal punto di vista degli affari, la situazione è abbastanza negativa”. I potenziali investitori si tengono alla larga perché sono spaventati dalla possibilità di estorsioni e di altri comportamenti spiacevoli da parte del crimine organizzato, ma soprattutto da quello che qui manca decisamente: una rete efficiente di trasporti e comunicazioni. “Quando il presidente del Consiglio Romano Prodi diceva di voler fare del Sud la California d’Italia ci sta bene, ma in California l’industria è arrivata prima del turismo, non viceversa”. “E per far arrivare il turismo c’è comunque bisogno di strade”. I politici italiani tendono a pensare che tutti i problemi si risolvono con l’intervento dello Stato. L’elargizione di posti di lavoro, anche se a livello piú ridotto, continua. Una legge nazionale concede ai giovani un salario minimo per lavori considerati “socialmente utili”. Questo provvedimento doveva durare un anno, ma in Sicilia è stato prorogato per otto anni di seguito. “Questo non è un incentivo a lavorare, è un’illusione”. La situazione non è uguale dappertutto. “Roma è la linea di confine. Da Roma in su, se un giovane cerca lavoro lo trova. A Sud di Roma, no”.
Ma lo Stato non riesce a sfamare tutti i suoi figli. La crisi è particolarmente acuta nell’interno dell’isola “prima o poi ci sarà un altro esodo” vedi le migrazioni degli anni Sessanta, quando piú di tre milioni di siciliani lasciarono l’isola in cerca di lavoro.
A Palermo c’è povertà, e sempre meno spazio. Nei quartieri piú poveri, spesso la vasca da bagno e la cucina sono nella stessa stanza di un appartamento sovraffollato. Parecchi edifici del centro non appaiono molto diversi da com’erano piú di 50 anni fa dopo essere stati bombardati dagli alleati. E’ proprio in uno di questi quartieri degradati, La Kalsa, che sono cresciuti due coraggiosi e efficienti magistrati antimafia, Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. Ma piú spesso, quel tipo di quartieri è terreno fertile per la mafia. Falcone e Borsellino sono stati entrambi assassinati con delle bombe nel 1992, e la loro morte ha contribuito a stimolare la risoluzione del governo a lottare contro la mafia. Recentemente le autorità italiane hanno riportato qualche successo contro la malavita.
Quello che abbiamo appena letto è stato riportato dal “TIME” nel 1997. (GREG BURKE, TIME, STATI UNITI). Ad 11 anni di distanza come stanno le cose?
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