Associazione Culturale "PRO BIRGI"

Associazione Culturale "PRO BIRGI" per la Valorizzazione e lo Sviluppo di BIRGI e della Sua Riserva Naturale * ___________________________________ BIRGI e lo STAGNONE ! : .....unni l'aceddi ci vannu a cantari e unni li pisci ci fannu l'Amuri ! ________________________________ Questo blog non rappresenta una testata giornalistica in quanto viene aggiornato senza alcuna periodicità . Non può pertanto considerarsi un prodotto editoriale ai sensi della legge n. 62 del 7.03.2001

venerdì 21 settembre 2012

      Quotidiano  Marsala c'è .........

                    ................a lu lustru di la luna !





U Pani... d’oru? (Cunti di San Pantaleo - tradizione orale)

Venerdì 21 Settembre 2012 

San Pantaleo in tutte le stagioni presentava (e…presenta ! ) scenari naturali meravigliosi e le poche famiglie, tutte, più o meno, imparentate tra loro, conducevano una vita serena tra il faticoso lavoro agreste , pastorale e le quotidiane occupazioni del baglio , della casa , della famiglia. Tutte attività “bucoliche” che assicuravano una lieta e tranquilla unione familiare. I bambini, a fine giornata, aspettavano l’arrivo di Patri Ninu per trascorrere la loro serata tra ….”jocura , cunti e canzuneddi” che, il più delle volte, costituivano anche, il passatempo dei grandi ….. davanti, magari, ad un buon bicchiere “di vinu…. chiddu vecchiu nisciutu ca ‘mmiragghia’ nnà cannata ciuriata”. Uno dei cunti più richiesti (o forse meglio interpretato da u Patri Ninu)...........era “ U Pani d’oru “…. che narrava di un Pastore –Don Giuvanninu Cicirillu - al centro di una…leggenda fantastica…..- U Patri Ninu , “assittatu supra i peri” (come si fa tutt’ora in campagna….) cominciava , così, il suo “Cunto” : Dunqui….Dunqui….U Pasturi Don Cicirillo !! (…sintiti senza fari battaria ! ) :……era un inverno particolarmente freddo ed un giorno, arrivato all'ovile, l'uomo notò tre cornacchie che, immobili come statuine, osservavano lo svolgersi del suo lavoro. Giorno dopo giorno, le cornacchie tenevano compagnia a Don Cicirillu….. "Avranno pitittu !" - pensò. Recuperò dall'ovile tre vecchi piatti, nei quali mise qualche pezzo di formaggio. Gli uccelli vi si buttarono letteralmente sopra, mangiando avidamente. Cuntentu, Don Cicirillu, “cci retti a manciari” regolarmente ogni giorno e le cornacchie continuarono a frequentare “a sò mannara”, mese dopo mese, sino all'arrivo dell'estate. Purtroppo per Don Cicirillu -ntà dd’annata- il raccolto fu scarso a causa della siccità. In paese tutti si lamentavano della mancanza d'acqua e in tanti si decisero a spostarsi verso i paesi più fortunati in cerca di cibo per il sostentamento delle proprie famiglie.Così anche Don Cicirillu, decise di andare in cerca di grano verso Salemi. I suoi pensieri erano cupi quando giunse in prossimità del Ponte di Pusillesi. Avanzava lentamente sul suo asinello quando sollevando lo sguardo notò tre belle ragazze, vestite di nero, presso la riva del fiumiciattolo sottostante. Una delle tre, avanzando verso di lui esclamò - ” Zzù Giuvanni comu stati ? Assai tempu ca un si videmu !”. Il pastore, un pò sorpreso chiese: ”E Tu cu sì ? E comu sai u me nnomu ? ”. - “Siamo le tre cornacchie che tu sfamasti durante l’inverno” - risposero le fanciulle - ”e sappiamo che ora sei diretto a Salemi per acquistare del grano”. U zzù Giuvanni rimase di stucco e le fanciulle gli consigliarono da quale famiglia recarsi per acquistare il grano ad un prezzo buono.. “ …Vai, noi ti aspettiamo qui” - aggiunsero - “perché al ritorno dobbiamo darti qualcosa da consegnare a San Pantaleo”. Una volta giunto al paese di Salemi, U Zzù Giuvanni trovò la casa indicata e venne accolto con gentilezza ed invitato a passare la notte. L'indomani riprese la via del ritorno e giunto al Ponte vide nuovamente le tre donne che gi dissero - “Dovete portare questo pane a Donna Vituzza a San Pantaleo; Lei vi darà un dono, se porterete questo pane, integro così come lo vedete ora !". L’uomo prese il pane , lo mise nella bisaccia, giurando che non l'avrebbe toccato. Rientrando a San Pantaleo, ripensava ai Cunti raccontatigli -da piccolo- dal padre e ancora non riusciva a credere che invece, proprio lui, era diventato protagonista di una delle storie che da bambino gli piaceva tanto ascoltare. Dopo aver trasbordato tutto sulla barca , partì dal molo del Baglio Abele e dopo aver oltrepassato il muro delle saline, scansando le prime “trisce”, approdò sulla sua Isoletta - San Pantaleo-. Arrivò a casa a notte inoltrata, con la schiena a pezzi a causa del viaggio. Iniziò a scaricare il grano. La moglie Rosa, che era ad attenderlo preoccupata, uscì sul “chianu” per aiutarlo a entrare i sacchi nel magazzinetto e nel prendere la “vertula”, vi trovò dentro il grosso pane, bellissimo e interamente decorato. ” Giuvanninu…. di cu è questo pani?” - chiese meravigliata “Lascialo stare, non toccarlo !” - rispose il marito - “è una consegna che devo fare a Zzà Vituzza !". La donna continuò a fissare il pane, irresistibilmente attratta e con l’acquolina in bocca. Per la “curiosità femminile”….. non riuscì a resistere e, senza che il marito se ne accorgesse, ne diede un morso, riponendolo subito nella “vertula”. Il mattino giunse radioso e di buon’ora Don Cicirillu si avviò verso “u chianu rù cievusu”, in cui si trovava la casa di Donna Vituzza. Questa era già sulla…..“sogliola” di casa che lo aspettava. Lo fece entrare e Don Giuvanninu Cirillu vide, con grande stupore, un enorme telaio d'oro al centro della stanza. Incantato il pastore prese il pane dalla “vertula” e lo porse alla donna che lo esaminò per bene, accorgendosi subito del morso - "Questo pane non è integro !!!! " disse. L'espressione del suo volto cambiò repentinamente, spaventando a morte il povero Don Cicirillu che, indietreggiando, uscì dalla casa. ”Tutto quello che hai visto sarebbe stato tuo, se avessi tenuto fede alla parola data ! Ora invece tutto si ridurrà in cenere” - disse Donna Vituzza chiudendo fragorosamente la porta in faccia al povero Don Giuvanninu che, desolato si avviò con la testa tra le mani…. verso casa propria…… Continuò a vivere la sua vita di stenti senza più rivedere le tre cornacchie ! E Patri Ninu dopo aver bevuto l’ultimo sorso di vinu….aggiungeva : “quannu vi dicinu r’un tuccari nenti……unn’aviti a tuccari nenti ! Semu ntisi ? “.
   “Lu cuntu è lestu lu cuntu è finutu ora datimi a biviri ca, propriu iu, unn’ aiu vivutu !”
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il canto......
Amuri d’oru
Epoca 800’ – Origine Palermo- C.so dei Mille
Raccolta franco e filippa gambino a Cstd’accia
da Donna Pina Bonomo che la cantava.-     (la+)
Aju li mei né perdu né vinciu
L’avutri fannu arruri e jeu li chianciu
Ninuzzu d’oru Ninuzzu d’argentu
Iu ti vulissi sempri a lu me cantu
Iu t’aju a ffari un vistitu d’argentu
Tuttu di fila d’oru arraccamatu
Quannu passi di ccà si ssì onestu
Un fa capì alla genti ca nui cci amamu
Tu cali l’occhi iu calu la testa
E chistu è signu ca nnì salutamu
Li genti sunnu misi a li raso
Ca vonnu ca nuatri dui nnì nni fuemu
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