Associazione Culturale "PRO BIRGI"

Associazione Culturale "PRO BIRGI" per la Valorizzazione e lo Sviluppo di BIRGI e della Sua Riserva Naturale * ___________________________________ BIRGI e lo STAGNONE ! : .....unni l'aceddi ci vannu a cantari e unni li pisci ci fannu l'Amuri ! ________________________________ Questo blog non rappresenta una testata giornalistica in quanto viene aggiornato senza alcuna periodicità . Non può pertanto considerarsi un prodotto editoriale ai sensi della legge n. 62 del 7.03.2001

lunedì 3 novembre 2008

L'ORO DELLA SICILIA: L'OLIVO



L’olivo, con molta probabilità, è stato introdotto in Sicilia dai Fenici, i quali nella loro migrazione iniziata nel XVI sec. a.C. verso la Grecia e le isole dell’egeo, ne diffusero la coltivazione nell’Asia minore, in Egitto e in Libia, e da qui sicuramente in Sicilia tra il IV e l’VIII sec. a.C., come dimostrano le testimonianze di Diodoro Siculo sugli insediamenti fenicio-cartaginesi di Akragas.
Sicuramente, successive sono le realtà olivicole in Sicilia e Calabria storicamente riconducibili alla civiltà ellenica, che tra il IV e V sec. a.C. ebbe splendore nella Magna Grecia.
Le prime conoscenze dell’olivo nell’isola sono da collegare al mito di Aristeo, divinità agro pastorale venerato dalle antiche popolazioni sicule per aver sperimentato e divulgato la tecnica di coltivazione della pianta e le prime rudimentali metodologie di estrazione (Cicerone, Plinio, Diodoro Siculo).
Le origini di Aristeo sono controverse, da alcuni considerato di provenienza fenicia e da altri greca, nonostante gli otto secoli che separano la comparsa delle due civiltà in Sicilia.
Successivamente, durante l’Impero Romano, l’olivo ebbe la massima diffusione in Sicilia come in tutte le terre conosciute e colonizzate nel mediterraneo (Plinio).
L’interesse mostrato dai Romani per la coltura risiedeva nelle molteplici utilizzazioni dei suoi prodotti (unguenti, legna da ardere, olio combustibile, ecc…), di conseguenza l’olivo per le sue prerogative agronomiche e d’adattabilità divenne “prima omnium arborum” (Columella).
Con il declino dell’impero Romano e la dominazione araba in Sicilia la coltura dell’olivo fu trascurata a vantaggio di altre specie, quali gli agrumi.
Dopo l’anno mille con la dominazione Normanna, e successivamente nel medioevo, si ebbe un graduale ripopolamento delle zone olivicole e un notevole rilancio del commercio dell’olio.
All’inizio del secolo scorso si stimavano in Sicilia circa 17 milioni di piante coltivate su 200 mila ettari in coltura promiscua e 70 mila in coltura specializzata.

Molta confusione si è fatta, sin da allora, sulla denominazione delle cultivar diffuse a causa della grande varietà di sinonimi con cui sono chiamate nelle diverse province e nei comuni anche limitrofi e per le omonimie derivanti dalla consuetudine di correlare il nome ad alcune caratteristiche dei frutti (“Nocellara”, “Biancolilla”, “Oglialora”, ecc…).
E’ interessante notare che di alcune cultivar note a quell’epoca (“Alloro”, Olivo di Francia”, Sanfrancescana”, ecc…) non vi è più traccia.

0 Commenti:

Posta un commento

Iscriviti a Commenti sul post [Atom]

<< Home page