COME VOLETE CHE SI CHIAMI LA SPIAGGIA PIU’ BELLA DELLA PROVINCIA DI TRAPANI?
Bora o Borea figlio di Astro e di Aurora, fratello di Zefiro, Euro ed Austro, vento di settentrione fresco, quindi gradito ed atteso nei mesi estivi per mitigare la calura, freddo, denso, gagliardo e violento in diversi giorni d’inverno, si innamorò intensamente e totalmente di Orizia, fanciulla bellissima che sposò si narra ad Erice davanti a Giove, Venere e Nettuno e da cui ebbe due gemelli alati di invidiabile bellezza, Zete e Calai, che dopo la morte furono tramutati in venti.
Borea quando riusciva a scappare dalla calda, vaporosa e sulfurea Vulcano, dove era tenuto prigioniero dall’invidioso e perfido Eolo, re dei venti, scorazzava senza tregua, come un forsennato e a velocità fortissime da un polo all’altro del pianeta alla ricerca dell’amata emanando un profumo piacevole e ammaliante ed un canto melodioso.
Quando finalmente, talvolta esausto, abbracciava Orizia s’odeva un tuono pauroso e duraturo, anche in presenza di nubi, che lasciava sbigottiti molto di più che il bang di un aereo supersonico.
Allora andavano a vivere gioiosi in un lembo di ISOLA GRANDE, un vero piccolo EDEN, ch’era abitato da ninfe, sirene e da rare specie di animali e piante.
Lì in poco tempo riacquistavano vigoria, serenità, dolcezza e sembianze umane.
Si dice che i due innamorati sono stati visti non molto tempo addietro giocare con acrobatici delfini e trasformarsi in piccole trombe d’aria che percorrendo zigzagando la spiaggia hanno sollevato nuvole di sabbia che dopo avere offuscato il sole sono precipitate al suolo e sul mare sottoforma di fiori odorosissimi e multicolori sconosciuti agli esseri umani ed ancora che diversi naufraghi sono stati sottratti al mare in tempesta e deposti come per incanto delicatamente sulla terraferma da due individui, in quella situazione somiglianti ad angeli che salutandoli hanno detto di chiamarsi Borea e Orizia.
Lo scrivente ritiene che sia opportuno che quella spiaggia ed il mare che la bagna, che fanno parte della contrada Il Cono o Borrone di Isola Grande, che sono ubicati ad Est – Sud Est da Punta Marsala di Favignana di appena 6 Km. a libeccio dalle torri di San Teodoro di Birgi di circa 1 Km. a maestrale dall’isola di Mozia di meno di quattro chilometri, che sono stati riscoperti ed apprezzati da bagnanti ed amanti della natura di ogni parte del mondo che vi giungono con imbarcazioni e/o a piedi da San Teodoro dopo avere guadato la bocca settentrionale dello Stagnone larga circa 500 metri, non priva di pericoli perché collegando il mare tirreno con lo Stagnone è interessata da correnti marine talvolta veloci, soprattutto quando soffia lo scirocco, siano chiamati da oggi Bora o Borea od Orizia prima cioè che le persone ammalate di esterofilia gli diano qualche nome esotico.
La “Spiaggia“ è costituita da innumerevoli granelli di sabbia chiara che pur non diventando roventi favoriscono l’abbronzatura con la grande capacità che hanno di riverberare i raggi luminosi, tonificano e calmano anche gli spiriti più inquieti.
La spiaggia che si affaccia sul Tirreno, si approfondisce lentamente con pendenza costante che non supera l’1%, quindi non infido, che nasconde tesori di grande valenza storica ed archeologica quali relitti di navi che fecero parte delle flotte cartaginesi e romane che si scontrarono in quei paraggi secoli prima della nascita di nostro Signore Gesù Cristo.
Lì vi fu trovato il relitto che si può ammirare nell’ex baglio Anselmi, lì ve ne fu scoperto un altro nell’agosto del 1988, che fu studiato dallo scrivente ma soprattutto da un esperto di levatura internazionale Prof. Edoardo Riccardi che scrisse una relazione dal titolo “un’antica imbarcazione da guerra vicino a Marsala” per il convegno The Archaeology of ships of war, che si svolse sul finire del mese ottobre e i primi di novembre del 1992 a Greenwich (Londra) e che attende ancora – non si capisce perché – di essere recuperato, mentre l’illustre prof. Riccardi dice “…….data quindi l’unicità del reperto è auspicabile il recupero totale e la conservazione ……. Estrema importanza di questo relitto il cui studio potrebbe con costi irrisori restituirci una galera medievale che ancora non abbiamo.
Leonardo Nocitrra
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