Associazione Culturale "PRO BIRGI"

Associazione Culturale "PRO BIRGI" per la Valorizzazione e lo Sviluppo di BIRGI e della Sua Riserva Naturale * ___________________________________ BIRGI e lo STAGNONE ! : .....unni l'aceddi ci vannu a cantari e unni li pisci ci fannu l'Amuri ! ________________________________ Questo blog non rappresenta una testata giornalistica in quanto viene aggiornato senza alcuna periodicità . Non può pertanto considerarsi un prodotto editoriale ai sensi della legge n. 62 del 7.03.2001

venerdì 22 febbraio 2013

dal Quotidiano di Marsala ......"Marsala c'è"










...Amunì ...trasemu stù muortu!

VENERDI' 22-Febbraio 2013......in edicola !
                                                                                                                    a cura di franco gambino
……come le nascite erano numerosissime, anche i decessi erano numerosi….. ma, a differenza delle prime gioiose ed allegre, questi erano una vera disgrazia, una perdita irreparabile che si ripercuoteva sulla famiglia per anni, specie se a morire era il capo famiglia. Non era raro nel silenzio della notte profonda sentire invocazioni da accapponare la pelle, strilli di donne che piangevano. Era un dovere svegliare il marito, il padre, il fratello per andare a vedere da dove venivano le invocazioni ,...ci si affacciava alla finestra per cercare di capire. Altre finestre si aprivano per la stessa ragione ed alla luce della notte si potevano scorgere sagome di persone che, anch’esse attratte dai lamenti, cercavano di capire cosa fosse successo. Cercando di individuare da quale direzione arrivassero, si incominciava ad avere qualche sospetto, mentre altre finestre si aprivano: “chi cc'è ? cu jetta vuci, murìu quarcunu?”. Qualche audace già era uscito per la strada e, i sospetti erano giusti: era morto u Zzù…. Giammitru ! Vestìti alla meglio, con gli occhi ancora dormienti ed i capelli arruffati, i vicini si recavano a portare aiuto e conforto ai congiunti.. Alla tenue luce del lume i maschi incominciavano a vestire e preparare la salma da comporre su un lettino sistemato in mezzo alla stanza; le donne confortavano i familiari, specie quelle di sesso femminile, che oltre ad invocare, si percuotevano, si tiravano i capelli. La luce del mattino trovava una famiglia in preda al dolore…. tutte le donne vestite di nero, la testa coperta da un fazzoletto nero, legato dietro la nuca o sotto il mento, se ne stavano in un angolo a fianco della salma a gridare ed a decantare le gesta, la bontà, le parti migliori del carattere del caro defunto. Non era raro vedere la moglie che si “batteva sulle cosce”, sulle guance, quasi a voler sottolineare la sofferenza : “….…a culuonna r’à casa iera ! comu fazzu uora... cu cci duna a manciari a sti picciriddi !...chi famiglia sfurtunata... ! …... bbeddu maritu miu…..taliatilu, pari “capodimonte”, …..comu fazzu senza di tiia...!! ”….Lamintanzi, cantilene miste a pianto, che coinvolgevano i presenti, stimolando la compassione, la solidarietà, rattristando i cuori , fino al pianto. In Chiesa, durante la funzione religiosa, le grida dei dolenti non finivano si placavano e riprendevano, ad intermittenza, subito dopo, provocando le reazioni del prete che con lo sguardo accigliato richiamava tutti alla compostezza. All’ uscita dalla Chiesa si procedeva a comporre il corteo per accompagnare la salma al cimitero. Durante questo percorso tra le grida ed il pianto straziante si coinvolgevano i passanti che sempre più numerosi si accodavano al feretro. Quando il funerale era fatto a persone benestanti , nobili o…..“alto-locate” i ragazzi ( “affittati”…. al bisogno) portavano decine di corone di fiori , disponendosi a destra ed a sinistra, precedendo i bambini dell’orfanotrofio (-guidati dalle rigorosissime monache-) che, ininterrottamente, per tutto il percorso, recitavano le stesse interminabili preghiere davanti alla bara. A volte, per dare pìù importanza al…”Corteo”, un uomo (anche lui …”affittato” ) in completo abito nero precedeva tutto il corteo portando sulle braccia un cuscino sul quale era posto un gagliardetto di qualche, circolo-club… “nobiliare”, o associazione religiosa a cui il defunto apparteneva. A 50 metri dal cimitero il corteo si fermava. L’aria si riempiva, nuovamente –come a comando- di pianti e strazianti invocazioni dei parenti, i quali, guidati da un “improvvisato cerimoniere”, faceva disporre su una fila , i dolenti familiari . Qui cominciava il rituale “discorso” (se trattavasi, come dicevo, di una persona “alto-locata” o un nobile….) in genere pronunziato dalla persona più ….”ntisa del luogo” i cui contenuti sgrammaticati ed…inconsistenti venivano, ad un certo punto -come àncora di salvataggio- interrotti dal prete che pronunziava la solita frase : “ ….Amunì, trasemu stu muortu !” . Iniziava così il rituale del ringraziamento….. infinito : “Cordoglianzi…mi dispiaci… cordoglianzi mi dispiaci !”…..vasa e vasa…..vasa e vasa…..vasa e vasa….Terminate le “cordoglianze” restavano i parenti, gli amici intimi ed i vicini …r’ù latu. L’ormai piccolo corteo entrava al cimitero. Qui avveniva l’ultimo saluto alla salma, tra le grida dei parenti che abbracciavano la bara quasi a voler….. rianimare il defunto! Dopo numerosi tentativi, facilitati anche dalla stanchezza, gli amici staccavano i familiari e li inducevano a ritornare a casa. Arrivati sottocasa l’ultimo saluto alle persone che li avevano accompagnati fino alla fine. Si mettevano uno accanto all'altro e con il corpo e l'animo distrutti davano la mano e ringraziavano con un filo di voce, spesso stando seduti, specie la vedova o la vecchia madre. Ecco….si preparavano tutti all’ormai fatidico (atteso) “cunsulatu” ! Era buona usanza che, durante i primi adempimenti dopo gli attimi della morte, tra i vicini ed i parenti, come ad una sensibile testimonianza d’affetto, si stabilisse l’elenco dei giorni e dei prescelti, in una sorta di gara, per dare corso alla “rito” del cunsulatu, che durava una settimana o 15 giorni a seconda dell’importanza …r’ù muortu ! Il cunsulatu era una sorta di “tavula franca” che permetteva ai parenti più intimi –tutti uniti-…. di chiudere la cucina in segno di lutto. I prescelti oltre al giorno assegnato si “accordavano” sul menù – che andava dalla colazione mattutina, al pranzo ed alla cena. Era consuetudine che il vicino di casa ….cchiù strittu, iniziasse con i “galli” in brodo con i maltagliati per pranzo ed alla sera con cotoletta panata ed un’insalata di rinforzo. Il vino abbondante serviva ad attenuare il dispiacere…e non poteva mancare il dolce e lo stravecchio ! Specie i primi giorni , la/il vedova/o si facevano pregare e non si alzavano facilmente dalla riunione funebre, in altra stanza, necessaria per il ricevimento delle visite…..! ….interveniva, ad un certo punto, uno dei più “aitanti” parenti che con fare energico diceva : “ Amunì …..ora basta chianciri, nn’aviti a scusari , a facemu manciari un pocu….un pò stari diuna accussì….Amuninni Rosetta….! “ – a questo punto “Rosetta” dimenandosi e piagnucolante….gridava : “ …..a culuonna r’à casa iera ! un mancia iddru e un manciu mancu ju !.....basta ! “ …..e qui, veniva presa, quasi di peso e portata nella sala da pranzo dove sulla tavola c’era già la “zuppiera” dei maltagliati con “i galli” ed il bollito nel brodo (con cannella ! ) fumante……e tutt’intorno riuniti i numerosi parenti ed amici più vicini. Come…. “di punto in bianco” si iniziava il rito dei ricordi mangiando, mangiando……finivano i pianti e le lacrime e si dava fondo al pranzo ( in genere preparato per il doppio del numero delle persone preventivate)……E già !.... ma era il cunsulatu ovvero ….il banchetto….. con il morto ! …anche questa…. la mia vecchia Sicilia !

il canto allegato
Ca nun si sà la Morti ...quannu veni...
G.Pitrè- da Canti Morali e Religiosi- (bello !)
Vol.II° n. 979- Si cantava nella Quaresima
…Accompagnato dai prefici per le lamintanzi
E stamucci avirtenti, o Cristiani
Pi ll’arma nostra pinsamucci beni
No nun semu piccaturi o vani
Chi nun si sa la Morti quannu veni.
L’eternu Diu nni voli sarvi e sani,
vol’essiri amatu comu summu beni,
quannu sonanu l’appellu li campani,
N sà si p’un fernu la sintenza veni.
Lu bonu stari a stu munnu è un mumentu
Pazzu pi ccù si senti aggramagghiatu,
miatu cu si trova di talentu
essiri spissu e bonu cunfissatu.
Cc’è chiddu chi ama lu divertimentu
Teni lu spassu e lu piaciri a latu….
A lu puntu di morti è un gran spaventu
Pi ccù si trova in eternu dannatu
Lasssamulu ognedunu lu piccatu,
amamulu a lu nostru Redenturi,
chi fu lu veru Diu, Verbu ‘ncarnatu
chi morsi pi nnuatri piccaturi.
Pi nnui morsi a la Cruci sfracilla
Ncurunatu di spini lu Signuri
La Matri Santa ci stesi a lu latu
Oh quantu nni patiu peni e duluri.
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venerdì 8 febbraio 2013

Marsala c'è : il QUOTIDIANO DI MARSALA



…Don Saruzzu, sugnu tutta pi vvui! …
                                             aspettando Carnevale! ...


in edicola  VENERDI' 08 Febbraio 2013

….“intratteniamoci” con una storiella che nei tempi andati, pare, sia rimasta per molto tempo nella mente e….”nella bocca” di molti !.......Per mio conto, l’ho appresa durante i miei “trascorsi bancari”, ed ora (un po’) riveduta e corretta (con nomi di fantasia) la propongo….nell’attesa che…appaiano le maschere ! ….ma, sintiti u fattu !....epoca : dicono….anni 50’ : Immacolata, Annunziata e Addolorata erano tre sorelle.. Mentre Immacolata un s’avia maritatu (…. perché, molto religiosa, pare,... volesse restare fedele al suo nome….ch’era tutto un programma ! ), le altre due, Annunziata e Addolorata si erano sposate. Delle tre, Annunziata era una beddra fimminuna e aveva un’aria intelligente ma, “aciddiava un poco”, anche se nei limiti, cominciando dal suo nome: si faceva chiamare infatti Nunziatina . Addolorata, meno bella, aveva provato anche lei, dietro suggerimento (r’à suriella ! ) a correggersi il nome, facendosi chiamare….”Dolores” ma con scarsi risultati…..dato che a Finuzzu, suo marito (un uomo “urdinariu”…), un ci putieva “appaciri” ! - Nunziatina, invece aveva fatto un “bellu matrimoniu”…si era sposata con un dentista di nome Saruzzu (nciuriatu “Scagghiazzi” ) e si può dire che la loro unione fosse serena e felice, con tre bei figli. Ma, comu dicevanu –puru- i “Ciulluvii”, nei discorsi del Circolo….: ” l’uomo a quarant’anni….si stanca di una vita monotona…-pani e tumazzu- ovvero…..Casa, lavoro e preghiera !“…..picchì, dopo quindici anni di matrimonio, ” cc’è bisogno di qualche ‘vintiata nuova’ “.e, questo pensava Saruzzu ! E non è che Nunziatina non “fussi cavura”, ma il marito forse aveva bisogno di un “vuccunieddu extra” . Per questo s’avia un pocu arrifriddatu con la moglie e i loro rapporti erano ….fermi : e, iddru dicieva….. ca era tutta colpa dell’eccessivo lavoro che lo rendeva senza forze, sfinito, con evidente delusione per la moglie, Nunziatina. - Fu così, dunque, che la stessa Nunziatina, una sera che lo vide più stanco e apatico, gli suggerì di recarsi qualche volta al Carnevale di “Saleme”, dove si poteva sbariari un pocu ! Infatti negli anni 50 a “Saleme” per Carnevale, la gente pareva impazzita. Quasi tutto il paese ogni sera, da fine gennaio alla fine del Carnevale, si trasformava in un’enorme balera, dove si abballava all’aperto, nella piazza e nelle strade adiacenti, sotto le luci e al ritmo delle musiche diffuse, attraverso altoparlanti a campana, da orchestrine che si alternavano ,tutto sponsorizzato dai Bar locali in mezzo a nuvole di coriandoli e stelle filanti, mentre certi “ragazzuoli” facevano scherzi lanciando borotalco o acqua saponata….. cà pumpietta ! In quei giorni si doveva far baldoria, con maschera o senza maschera ed il ballo era il re della festa.. Attenzione, però: chi non aveva neanche un segno del …”Carnevale”, come ad esempio una mascherina o un nasone con baffi, poteva essere “attaccato” da buontemponi mascherati e costretto a pagare “la vivuta al bar” o una consumazione. Occorre precisare che la parte principale la svolgevano le donne in maschera, che, dopo…. mesi di reclusione, erano finalmente libere di mascherarsi e di andare ad “impegnare” l’uomo che più le attraeva, trattenendolo tutta la serata, o dandogli appuntamenti veri o falsi, permettendogli qualche piccola “avance”, lasciando il “fortunato” nel dubbio della loro identità che lo avrebbe tormentato a lungo: “Chi era? ”. Nonostante …. alcune si lamentassero di qualche….“trasgressione” di coppiette che si appartavano nei vicoli, tutto era giustificato dal fatto che era Carnevale….all’insegna del divertimento. Una sera, dunque, Saruzzu si recò a quel Carnevale e non gli fu facile convincere quel semplicione di suo cognato, Finuzzu ad andare con lui…… gli aveva prospettato l’ipotesi di qualche avventura, sempre gradita: per evitare di pagare ai buontemponi, bastava portare in testa una vecchio cappello ed una bella maschera. Saruzzu e Finuzzu partirono per “Saleme” con la moto “Guzzino” di Saruzzu. Ma poco dopo li seguirono (insospettate), anche, Nunziatina e Addolorata, con la Topolino nuova di Finuzzu. Per fortuna Nunziatina sapeva guidare. Il piano di queste donne era ben congegnato: “impegnare” i mariti senza farsi riconoscere e verificarne….la fedeltà. Per questo, nel mascherarsi, avevano cercato tutti gli accorgimenti per non farsi riconoscere: Nunziatina rendendosi più carina, con l’addolcire e riempire le sue forme….. Addolorata rendendosi più…intrigante con un vestiario da….strada…., stafalarieggiante ! . L’avventura di Fiunuzzu durò ben poco. Dopo alcuni balli e uno strano,languido ammiccamento, Addolorata lo condusse in un vicolo, dove lui non seppe tenere le mani a posto, e,convinto di essere arrivato……dicendo fra se : “Ccì siemu ! “, si trovò, invece, a tu per tu con la moglie e ne ebbe graffi e ceffoni dei più feroci, con la minaccia di conseguenze peggiori se si fosse permesso, lui sposo e…. ancora senza figli, di pensare di fare un decimo di quello che aveva tentato di fare quella sera. E guai se avesse accennato a chicchessia, compresi i cognati, della disavventura di quella sera. Sicché il poveraccio acquistò ad una bancarella un’altra maschera, se la mise in faccia, per non far vedere gli occhi neri ed i segnali della “capuliata” ed attese Saruzzu…. tornò a casa mogio mogio raccontandogli di essere stato preso in giro da un uomo travestito da donna (cosa che provocò ripetute risate e sberleffi…!! .) e di quel Carnevale -per la vita- non volle più sentirne parlare ! Per Nunziatina le cose andarono diversamente. Dopo la prima serata di approccio, di fugaci sorrisi e di vaghi intendimenti, lei tornò quasi tutte le sere a quel Carnevale. Metteva a letto i bambini, per altro custoditi dalla sorella…. Immacolatella, e partiva con la solita Topolino. Dopo l’incidente fra Finuzzu e Addolorata, da questa stessa riferitole, aveva dovuto pregare la cugina… Liberatuccia, di accompagnarla, perché non stava bene che una donna uscisse da sola , specialmente di sera e per andare in un altro paese. Nunziatina aveva sempre lo stesso costume: un domino nero con ricamato un grosso ragno sulla schiena, una maschera di cartapesta scura, il cappuccio in testa, guanti di lana grigi. Nel suo comportamento sapeva contraffarre voce e gesti in modo tale che a Saruzzu diventava impossibile supporre chi era la Dama. Gl’incontri serali duravano non più di mezz’ora….. il tempo di eccitare il cavaliere, divenuto gentile e mammalucchinu con lei..che tutto contento rivolgendosi alle “maschere” che ballavano ripeteva : “ …e ssù minni !” e tutti in coro a rispondere : ….”cci jamu a casa ! “ ! Subito dopo, lei ripartiva di corsa, per giungere a casa prima del marito. Tutto andò bene ogni sera, come aveva previsto Nunziatina, e presto si sviluppò un…..“romantico amore” fra il dentista e la….. sconosciuta, la quale aveva promesso di svelarsi l’ultima sera. Intanto Saruzzu non faceva che ringraziare il cielo per la fortuna che gli era capitata, lodando le “forme....”, il fare ed il “caldo amore” della sconosciuta. L’ultimo giorno di Carnevale, Saruzzu, chiese alla moglie se volesse andare a vedere i carri allegorici. In caso affermativo pensava di accompagnarla e poi rientrare prima di sera: e ciò, per dimostrare un certo interesse per lei. Ma la moglie rispose di non avere voglia; e poi doveva badare ai bambini. Così lui partì un po’ prima, sperando nella rivelazione finale della sua dama. Ma quella sera lei non venne. Saruzzu non sapeva che pensare. Attese fino a mezzanotte, assistendo in piazza alla “cremazione” di Re Carnevale in mezzo ad una calca “commossa”, e poi, inforcando il suo “Guzzino”, prese la via di Matarocco . “Peccato, però, pensava : “ Proprio l’ultima sera……un sogno finito male !”. Invece la sua dama la trovò a casa, seduta sulla poltrona, in camera, col costume di ogni sera indosso e la maschera di cartapesta rovesciata sul letto. Proprio lei…..e rabbrividì…….” Tu? “… “ Sì, si, si proprio io ! “ disse con un vello di tristezza Nunziatina. Qui non ci furono ceffoni o “vuci”, ma una lunga chiarificazione. Poi, come i….. salmi, tutto finì in ……gloria . “Quanto sono stato minchione ! , pensava Saruzzu sul letto.. Avevo in casa una donna così ben fatta e così intelligente, e me ne sono accorto fuori casa. Meno male…. mi finiu buona !”. Da allora in poi non trascurò più sua moglie, apprezzando di volta in volta le carezze e l’affetto che lei sapeva offrirgli. Presto nacque un’altra figlia, che fu chiamata Ninfetta, forse per ….non andare fuori tema con i nomi, tra le donne della famiglia !
E ora….stamu attenti, mi raccumannu……! Che sia un Carnevale……divertevole !

da ...Carnascialate
Racc.Ampl.ma Canti Popolari
L.Vigo – n.4300 - pag.607 - Epoca 700’
Origine - Palermo

Haju un pitittu ca mi manciria
Tuttu lu pani c’havi lu furnaru
Pi cumpamaggiu mi cci addubbiria
Un pisciteddu di menzu cantaru
Mi manciria un porcu cu tutti li pila
Mi manciria crasti cu tutta la lana
E ancora la mè panza nun è china
Mi abbatti comu un toccu di campana !

                                                                                 















sabato 2 febbraio 2013

liggitivillu.....




   




                                              

...p’à Canniluora: “a addrina fà l’uova e ò addru cci abbrucia u... - il sedere -”


VENERDI' 1 Febbraio 2013

….….P’à “Candelora” dell’inverno semu fuora…..ma si la sai cuntari n’avutri 40 jorna annu a passari !“ In passato, in questo detto popolare, i contadini delle nostre campagne sintetizzavano quello che realmente rappresenta la festa della Candelora: “l’augurio” di un’inizio di quel breve periodo che è l’anticamera della primavera, con temperature miti e sempre più scarse precipitazioni. Ma la Candelora, prima di tutto, è una festa esclusivamente religiosa ovvero la Presentazione di Gesù al...Tempio. La festa è anche detta della “Purificazione di Maria”, perché, secondo l'usanza ebraica, una donna era considerata impura per un periodo di quaranta giorni dopo il parto di un maschio e doveva andare al Tempio per purificarsi :…. il 2 febbraio ricade appunto quaranta giorni dopo il 25 dicembre, giorno della nascita di Gesù. La ricorrenza prevede la benedizione delle candele, simbolo di Cristo "Luce per illuminare le Genti", come il piccolo Gesù venne chiamato da Simeone. La Candelora era una festa molto sentita e cara a tutta la comunità di Birgi, che, anticamente, si ritrovava compatta nella Chiesa dell’Immacolata, dove le celebrazioni religiose avevano inizio già dal primo mattino e continuavano fino alle 17.30, con la tradizionale benedizione delle Candele. I Parroci che si sono alternati da, don Francesco Perrone, Padre Girolamo Promontorio al Can. Giuseppe Milione- presiedevano la solenne Celebrazione Eucaristica e, subito dopo unitamente ai componenti della Deputazione –unita (!)- ed ai tanti fedeli che portavano in mano la candela accesa- simbolo di questa giornata-, facevano il giro del circondario attorno alla Chiesa.( riferimenti della Zzì Mummina Montalto….la quale aggiungeva : “P’à Cannilora a addrina fa l’uova e ò addru cci abbrucia u…….”-il sedere- )- . La festa della Candelora era un appuntamento atteso anche dai contadini i quali dalla tradizione si ispiravano ai loro “pronostici meteorologici”. Diceva, infatti, un vecchio proverbio (–del Regno delle Due Sicilie-)….“per la candelora dall'inverno semu fuora, però se è suli o suliciellu ce n'avutru misariellu”. Una famosissima credenza europea, poi, sostiene che, nel giorno della Candelora, l'orso esca dalla tana a vedere che tempo fa : se è nuvolo, con tre salti annuncia finito l'inverno, se è sereno, rientra nella tana prevedendo altri quaranta giorni di freddo. Comunque, contrariamente a quanto si crede, la Candelora è una ricorrenza conosciuta in tutto il mondo ed è diffusa, non solo in molte regioni d’Italia, ma in quasi tutta Europa e persino in America. Ovunque la si festeggi, la funzione è sempre quella di prevedere l’esatto arrivo della Primavera attraverso l’interpretazione dei comportamenti degli animali e delle forze della Natura. La festa termina, dunque, con la benedizione dei ceri; tradizione popolare nata in Oriente, che già nel VII secolo aveva raggiunto Roma con una grande solennità e con riti dal carattere purificatorio. In tutta la Sicilia, nel Cinquecento “per ogni strada” si faceva sfoggio di ceri, torce, e fiaccole a colori. A Trapani, si rievocava, tramite una rappresentazione popolare, la purificazione di Maria. E’ mia convinzione che, oggi, la festa abbia perduto molte delle sue più antiche manifestazioni ancorate alla tradizione. A Roma, tuttavia, l'offerta dei ceri al Papa è sempre una tradizione solenne; il popolo custodisce i ceri benedetti, perché ad essi attribuisce poteri miracolosi, accendendoli a protezione della casa e della famiglia ed esponendoli quando infuria il temporale. Per capire intanto l’importanza dei primi giorni di febbraio…. -giorni discussi e oggetto tra l’altro di proverbiali prestiti con gennaio….. i cosiddetti giorni della merla - basteranno i detti e le leggende o cunti, che ne fanno chiarezza, per interpretare l’andamento climatico della stagione…...ma ecco la leggenda dei tre giorni della “merla”... “…Era un inverno molto rigido. La neve aveva steso un candido tappeto su tutte le strade e i tetti della città. I protagonisti di questa storia sono un merlo, una merla e i loro tre figlioletti. Erano venuti in città sul finire dell'estate e avevano sistemato il loro rifugio su un alto albero nel cortile di un palazzo .. Poi, per l'inverno, avevano trovato casa sotto una gronda al riparo dalla neve che in quell'anno era particolarmente abbondante. Il gelo rendeva difficile trovare le provviste per sfamarsi; il merlo volava da mattina a sera in cerca di becchime per la sua famiglia e perlustrava invano tutti i giardini, i cortili e i balconi dei dintorni. La neve copriva ogni cosa.. Un giorno il merlo decise di volare ai confini di quella nevicata, per trovare un rifugio più mite per la sua famiglia. Intanto continuava a nevicare. La merla, per proteggere i merlottini intirizziti dal freddo, spostò il nido su un tetto vicino, dove fumava un comignolo da cui proveniva un po' di tepore. Tre giorni durò il freddo. E tre giorni stette via il merlo. Quando tornò indietro, quasi non riconosceva più la consorte e i figlioletti : erano diventati tutti neri per il fumo che emanava il camino. Nel primo dì di febbraio comparve finalmente un pallido sole e uscirono tutti dal nido invernale; anche il capofamiglia si era scurito a contatto con la fuliggine.”- Da allora i merli nacquero tutti neri; i merli bianchi diventarono un'eccezione di favola. Gli ultimi tre giorni di gennaio, di solito i più freddi, furono detti i «tre dì della merla» per ricordare l'avventura di questa famigliola di merli. Ma perché si dice, dunque, che questi sono i giorni più freddi dell’inverno ?.... Probabilmente non tutti gli anni lo sono, ma che siano forse tra i più gelidi deve avere tradizionalmente una sua “origine”, se ne è nata appunto quest’altra breve leggenda, il cui protagonista è sempre un merlo : Si dice infatti che….. gennaio aveva ventotto giorni ed era il mese più freddo dell’anno. Giunto al ventottesimo giorno, un merlo, rallegrato, gridò al cielo: “Più non ti curo Domine, che uscito son dal verno”…… Gennaio, gliela fece pagare, vendicò la bestemmia facendosi imprestare tre giorni da febbraio e rendendoli ancora più gelidi ! Ora, miei Cari Lettori…….preparate le Candele, per domani 2 Febbraio….le deporrete sull’altare e dopo la splendida funzione…..le porterete a casa….accendendone una per ogni stanza….. Vi porterà tanta fortuna fino al prossimo…..gennaio ! ….e, con i “le crispelle” o le “crepe’s al miele”! tipici dolci della Festa……Auguro a Tutti ….Buona Candelora !

U Addruzzu
Anonimo Popolare- trascriz. C.Giacchino
Versione Sicilia Orientale (Taormina)
raccolta franco gambino



* L'aviti vistu ' ngnadduzzu cummari,
   ca ora ora passau di cca.
   I ù cu stu iaddu non 'sacciu cc'à fari,
   ca notti e jornu 'npazziri mi fà.

…..Chì, chicchirichi
      ti sentu cantari e non sacciu unni si.

* Cummari mia, sbagghiastivu strata
   ca lu so iaddu 'ssa d'unni pigghiò.
   Circatavillu 'nta nautra cuntrada,
   no di sta strata sicuru passò.

 …..Chì, chicchirichi
       ti sentu cantari e non sacci' unni si.

* Ci pirmittiti cummari ca trasu,
   c'à mia mi pari ca ciauru c'è.
   Au, si sbagghiati vi scippu lu nasu,
   genti cchiù onesta di mia non cci nè.

…ah! trasu...no.. no...
    su 'npugnu di favi ca Turiddu purtò.

* Chi favi ,latra e sfacciata ca siti,
   è lu me iaddu ca ciauru fa.
   A mia linguta, sti cosi diciti,
   ah! se vi pigghiu viniti cchiù cca.

….Chì ! chicchirichi !!
     ci persi lu jaddu e li quattru tari
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